Inquinamento (quasi) sconosciuto – La polvere dei pneumatici
di Pat Thomas
La maggior parte di noi potrebbe elencare almeno una mezza dozzina di ragioni per le quali le automobili sono dannose per la salute e per l’ambiente. Le automobili sono dei mezzi di trasporto inefficienti, consumano combustibili fossili, sono oggetto di culto, difficili da smaltire e riciclare e generano inquinanti come idrocarburi, ossidi d’azoto e di carbonio.
Meno conosciuta è la produzione di polvere di pneumatico, collegata ad una vasta gamma di problemi per la salute quali allergie, asma e malattie cardio-vascolari.
Il pneumatico, sopportando il peso di un veicolo, si frantuma sull’asfalto, producendo piccoli frammenti di gomma, conosciuti come polvere di pneumatico o particolato (PM). Questo va nell’aria o si deposita sulla strada, secondo il peso, vento ecc. Fino agli anni 80 si è pensato che il particolato dei pneumatici non entrasse nei polmoni (con studi dell’Environment Protection Agency). Ma ora si ritiene che il 60% del PM prodotto dai pneumatici possa entrare nei polmoni.
Forse perché adesso si possono misurare i PM “piccoli”?
Le particelle che destano maggiore preoccupazione sono quelle di 10 micron o meno. Per capire le dimensioni
- un capello = 70 micron,
- i fili di polvere che svolazzano al sole = 10 micron.
La polvere microscopica che si stacca i pneumatici contiene una miscela “unica” di sostanze che hanno un effetto più potente sul corpo umano della polvere naturale. Per formare la gomma nei pneumatici viene usata, una vasta gamma di prodotti chimici, quali lo xilene, il benzene, la nafta, solventi clorati (per esempio il tricloroetano), idrocarburi policiclici aromatici , antracene, fenantrene, benzoirene, fenoli, ammine, petrolio, acidi ed alcali (per esempio idrossido del sodio), difenili policlorati, cianoalcani alogenati e plastificanti.
Un mix sporco
La fabbricazione dei pneumatici coinvolge dei metalli pesanti come zinco, cadmio, piombo, bicromato di potassio e rame. In un esperimento del 1998, i ricercatori dall’Università di Houston hanno esposto delle cellule immunitarie (macrofagi) sia alla cenere del Vulcano St. Helen che alle polveri in sospensione delle città di St. Louis e Washington, DC. La polvere vulcanica non ha avuto effetto sulle cellule mentre la polvere urbana ha indotto i macrofagi, che mantengono normalmente le reazioni immuni sotto controllo, alla morte.
Non bisogna dunque sorprendersi se un numero crescente di studi collegano l’aumento di asma ed altre allergie osservato negli ultimi 25 anni, al particolato presente nell’aria. Queste patologie vengono comunemente attribuite alle emissioni delle auto, specialmente i diesel.
Ora i ricercatori ritengono che la polvere microscopica generata dai pneumatici sia altrettanto, se non maggiormente responsabile.
Nelle aree fortemente trafficate il PM dei pneumatici può causare attacchi d’asma ed è una seria minaccia per gli anziani, i cui i polmoni già sono indeboliti dall’età e dalle malattie.
Ma sono a rischio anche i bambini e i giovani che inalano più particelle degli adulti per kg di peso corporeo.
Gli studi indicano sistematicamente che i casi di asma sono maggiori per chi vive vicino alle strade più congestionate: uno del 1994, pubblicato dagli Archives of Environmental Health, prova che i bambini ammessi all’ospedale di Birmingham per gravi problemi respiratori avevano una probabilità molto maggiore di abitare in strade caratterizzate da forte traffico.
Allergie in aumento
Oltre alle allergie generiche, la polvere di pneumatico ne causa di specifiche. I pneumatici sono fatti da una combinazione del lattice naturale, derivata dagli alberi di gomma e da una gomma sintetica derivata dal petrolio. Almeno il 70-75% di tutta la gomma naturale prodotta oggi è usata per fare pneumatici – il resto diventa guanti, preservativi, vernice ed adesivi.
L’allergia al lattice è stata identificata per la prima verso la fine degli anni 70. Quando con il timore dell’AIDS e i medici hanno iniziato portare i guanti di lattice, tali allergie sono diventate molto più comuni e oggi quasi il 10 per cento di tutti gli operatori sanitari mostra i segni di reazioni allergiche al lattice.
Tuttavia, gli studi su individui che vivono vicino a strade molto trafficate indicano che la parte di lattice proveniente dalla polvere di pneumatico può anche causare le reazioni allergiche che variano per gravità dalla rinite alla congiuntivite, all’orticaria, all’asma de bronchi e in casi eccezionali a shock anafilattico.
Ugualmente allarmante è il fatto che l’allergia da lattice può produrre le reazioni incrociate con un’ampia varietà di frutta, ortaggi e legumi. Questo fenomeno, conosciuto come sindrome lattice-frutta, significa che alcune persone, già sensibilizzate al lattice, producono reazioni allergiche ad alimenti come la banana, il kiwi, le castagne, gli avocado, le pesche, i pomodori, le patate, i peperoni e le arachidi. Le persone allergiche al lattice possono avere reazioni incrociate con alcuni generi di polline e di erbe mediche.
Polvere mortale
La combinazione di agenti cancerogeni conosciuti, come le neurotossine, i metalli pesanti e gli altri veleni contenuti nella polvere dei pneumatici può anche essere collegata a malattie più serie. In un rapporto del 1994 sugli effetti contrari di inquinamento atmosferico polverizzato, pubblicati nelle Annual Reviews of Public Health, i ricercatori hanno scoperto che , per ogni metro cubo d’aria, un aumento di 20 microgrammi di PM produce un aumento dell’1 % delle morti da tutte le cause.
Questa valutazione è confermata nelle conclusioni di un rapporto recente dall’Health Effects Institute di Cambridge, Massachusetts, che ha trovato come i tassi di mortalità nelle 90 città più grandi degli Stati Uniti siano in rialzo dello 0.5 per cento con aumenti minimi – 10 microgrammi per metro cubo – di PM inferiori ai 10 micron di diametro. Tuttavia, questi risultati possono sottovalutare il rischio reale. Questo mese un’importante studio, condotto su un lungo periodo sugli abitanti di Los Angeles, pubblicato nel Journal of Epidemiology, ha confermato che per ogni aumento di 10 microgrammi al metro cubo di PM nell’aria del vicinato, il rischio di morte aumenta tra l’11 ed il 17 per cento.
Frustrazione
L’effetto della materia polverizzata – sia da pneumatici che da altre fonti – sulla salute umana è innegabile. E’ particolarmente frustrante, che non sembra esservi una risposta immediata, o quantomeno un riconoscimento del problema della polvere dei pneumatici. A giugno 2005 un rapporto intitolato, Particulate Matter in the United Kingdom, prodotto dal Air Quality Expert Group, l’ente che consiglia il governo sulla qualità dell’aria, concludeva che, anche se i livelli del particolato stanno diminuendo rispetto ai decenni passati, i livelli di fondo rimangono elevati.
Il rapporto inoltre notava che esistono pochi dati per misurare i tassi, il formato, la distribuzione e la composizione dell’emissione delle particelle da usura dei pneumatici ed inoltre, tali emissioni non vengono neppure considerate nell’inventario delle emissioni atmosferiche delle città del Regno Unito.
Vedi il report su Le tecnologie di produzione dei pneumatici di Lutsey et al. dell’UC Davis
INQUINAMENTO DA PNEUMATICI
Un pneumatico è composto da idrocarburi (carbonio e idrogeno), nero fumo (carbonio), molecole azotate (antiossidanti), che rallentano l’azione ossidante dovuta all’ossigeno, all’ozono e alla degradazione in servizio, causata dal calore, che si sviluppa durante il ro-tolamento, rallentandone l’invecchiamento e aumentandone la durata.
Gli acceleranti e lo zolfo servono essenzialmente per completare la vulcanizzazione, nel confezionamento del pneumatico.
Alcuni utilizzano anche la silice.
C’è un fattore d’inquinamento ambientale totalmente assente nella letteratura specifica e nei dibattiti: quello dovuto all’usura dei pneumatici, ossia alla perdita, sotto forma di pulvi-scolo e micro particelle, della parte del battistrada che si riversa sulle strade asfaltate e da queste, trasportate dal vento e dall’acqua, nelle falde sotterranee e, tramite le acque su-perficiali, nel mare; oltre la formazione di polveri microscopiche che entrano nei polmoni degli esseri viventi.
A causa della particolare resistenza all’azione dei microrganismi, i pneumatici impiegano più di 100 anni prima di distruggersi nelle discariche e, per la loro forma e massa volume-trica, i PFU tendono a galleggiare sugli altri rifiuti rendendo difficile la compattazione
Quantificare questo inquinante non è semplice, ci proverò in modo schematico e sommario, lasciando agli addetti ai lavori il compito di analisi più serie e appropriate.
Si quantifica che in Italia, ogni anno, vengano prodotte 300.000 tonnellate di pneumatici fuori uso (PFU).
Se calcoliamo che un pneumatico perde circa il 20% del proprio peso a causa dell’usura, otteniamo una quantità di materiale disperso nell’ambiente pari a circa 75.000 tonnellate.
Questo equivale, per dare un’idea, a 11.250 autotreni e a un volume, dato il loro basso peso specifico, pari 10 campi di calcio alti 9 metri.
Ripeto, ancora oggi, non esiste un’attenzione specifica né una forma di rimedio a tale problema.
Sono interessato al ruolo che ha il pneumatico nel caso il suo rotolamento non sia corretto.
Cerco una relazione tra il residuato di usura pneumatici e freni con il rischio di insorgenza di adenocarcinoma del cardias. I lavoratori della gomma già sono stati individuati ad alto rischio per l’uso del MBT per la produzione della stessa. Anche i lavoratori sulla strada possono essere considerati allo stesso rischio?