Idrogeno..perche
Hebeveta, vieni, presto, versa sopra di me la tua acqua sacra. Spruzzami, bagnami, irrorami, tramutami in un cespo di fiori.
Canto Pueblo Hopi
I dati
La produzione annua di idrogeno nel mondo, secondo gli ultimi dati disponibili, ammonta a oltre 50 milioni di tonnellate, equivalenti a 170 milioni di tonnellate di petrolio. Il 95% di questo idrogeno viene attualmente prodotto da fonti fossili, principalmente reforming del metano e circa la metà viene usata combinata con l’azoto, per produrre l’ammoniaca dei fertilizzanti industriali.
La produzione di idrogeno presenta un tasso di crescita del 10-15% l’anno. Nel 2004 negli Stati Uniti, il principale produttore di idrogeno, la produzione è stata di 11 milioni di tonnellate, equivalenti ad una potenza istantanea di 48 Gigawatts. In Europa, vengono prodotte ogni anno circa 5 milioni di tonnellate di idrogeno, mentre solo in Italia, secondo uno studio dell’Università La Sapienza di Roma, potrebbero essere prodotte 7 milioni di tonnellate di idrogeno mediante energia rinnovabile.
In un mondo caratterizzato da un sistema elettrico decentralizzato, in cui le fonti rinnovabili avranno un peso crescente, si pone inevitabilmente la questione dell’intermittenza che caratterizza sole e vento. Questo poiché, per una potenza istallata, le variazioni del clima condizionano fortemente la disponibilità di energia e, in definitiva, la capacità del sistema stesso di soddisfare la domanda proveniente dai consumatori. Un secondo elemento riguarda la debole densità di energia delle batterie, sia per regolare una produzione elettrica fluttuante, che come sistema di trasporto, oggi basato, quasi esclusivamente su carburanti liquidi di origine fossile. In definitiva, si pone il problema della disponibilità di un carburante rinnovabile, sia al fine di stabilizzare (e valorizzare) l’energia rinnovabile del futuro nella rete elettrica attuale, che per alimentare i trasporti, oggi “viziati” dalla grande densità energetica garantita da benzina e diesel. Il “re” petrolio, infatti deve la corona ai suoi “figli” – benzina e diesel, appunto – i quali garantiscono molti cavalli di potenza ed autonomie dell’ordine di centinaia di chilometri tra un rifornimento e l’altro.
Il futuro dell’energia passa inevitabilmente per una triplice prospettiva:
1) la decarbonizzazione dei trasporti, per ridurre l’inquinamento locale e la dipendenza dal petrolio;
2) l’incremento delle fonti rinnovabili (equivalente alla riduzione della CO2) nella produzione di energia elettrica e calore;
3) l’aumento dell’efficienza energetica ed il risparmio, in un contesto di alti prezzi (che spingerà gli investimenti, abbattendo i costi variabili).
L’idrogeno può contribuire su tutti i fronti
1) I trasporti sono un settore con delle forti criticità. Dal globale al particolare.
a) Con tassi di crescita a due cifre ed un’efficienza del 10% nei centri urbani, risulta molto difficile intravedere una singola strategia vincente, che consenta di mantenere la domanda di trasporto (quantificabili con i km totali percorsi da tutti in un anno), diminuendo al contempo le emissioni di gas ad effetto serra; sarà necessario diminuire le emissioni per km percorso (diminuendo il carbonio contenuto nel carburante), aumentare l’efficienza dei motori, ma anche diminuire i km percorsi!
b) L’inquinamento atmosferico ed acustico dei mezzi di trasporto spinti dai motori a scoppio è ormai la piaga delle città; la necessità di disporre di una mobilità sostenibile (cioè pulita e silenziosa, in questo caso) di cose e persone è probabilmente divenuta la priorità di ogni sindaco lungimirante. La tecnologia ha tempi lunghi, ma si intravedono i motori del futuro: ibridi, biofuels e idrogeno. Se i primi stanno vivendo una fase di mercato, avvantaggiati dall’uso dei combustibili tradizionali, la tecnologia dell’idrogeno e delle celle a combustibile, continua ad essere spinta in un eterno futuro, a causa dei costi della produzione di idrogeno e della costruzione delle celle. Il bilancio ambientale dell’idrogeno è, tuttavia, già vincente, sia rispetto agli ibridi che ai biocarburanti.
c) La disponibilità di petrolio a buon mercato appare seriamente compromessa. Nonostante la crescita degli investimenti dell’industria petrolifera per aumentare la capacità produttiva, negli anni futuri i carburanti rimarranno costosi, sia a causa del controllo degli stati sovrani sui pozzi, che dei costi di produzione dei pozzi stessi.
2) Sul fronte della produzione di energia, l’idrogeno è il ponte tra rinnovabile discontinuo e carburanti per mobilità.
Nel caso in cui vi sia un surplus temporaneo di energia, l’idrogeno può servire per il suo stoccaggio al fine di produrre on-demand elettricità e forza motrice a zero emissioni ed alta affidabilità ed efficienza. Dei sistemi stazionari per la produzione di energia elettrica con fuel cell ad alta temperatura sono commerciali da circa 20 anni e, finora, sono stati frenati dai sistemi tradizionali basati su diesel e gas naturale. In Italia, l’Enel ha recentemente avviato un progetto con la Ansaldo per la realizzazione di una centrale da 0,5 MW, mentre la Siemens è attiva nella tecnologia ad ossidi solidi e dei sistemi integrati idrogeno-fuel cell con eolico e fotovoltaico sono realizzati nel mondo. L’Eni è il promotore dell’Hydrogen Park a Porto Marghera, nell’ambito della riqualificazione del polo chimico e l’Agip sta realizzando delle stazioni multi-fuel con idrogeno a Mantova e Livorno.
3) Risparmio ed efficienza energetica
L’uso dell’idrogeno spinge ad una parsimonia dei consumi a causa del costo dovuto alla necessità di produrlo, mentre garantisce un’alta efficienza nell’uso finale, sia nella trazione che per gli usi domestici ed industriali. L’idrogeno porta necessariamente ad una prospettiva di ciclo di vita dell’energia. Per la sua caratteristica di vettore energetico, ci si pone domande del tipo: da dove viene? quanto costa? quanto emette? E’ importante, poiché in futuro qualunque filiera energetica, anche l’auto ricaricabile alla presa di corrente, dovrà sottostare al bilancio energetico globale.
Idrogeno perché?
Viene spontaneo chiedersi da dove derivi tanto interesse (e timore) e, soprattutto, a che punto è la ricerca? Partiamo dalla materia, invece dell’energia. Da un punto di vista strettamente chimico, tutto ciò che ci circonda si ossida. La materia intorno a noi tende a combinarsi con l’ossigeno e degradarsi qualitativamente. I metalli arrugginiscono, la frutta annerisce, gli idrocarburi diventano ossidi di zolfo, di azoto, particolato ecc. mentre il carbonio bruciato diviene CO2…
L’idrogeno è l’inverso…
La combustione/ossidazione produce acqua, mentre la sua azione con materiali diversi dall’ossigeno serve a rigenerare, alleggerire e purificare. L’idrogeno serve a eliminare lo zolfo dai carburanti delle nostre automobili (consentendo il rispetto degli standard ambientali), riqualificando il petrolio acido e/o pesante, nei processi di upgrading, oltre ad essere materia prima nell’industria alimentare per produrre margarina da grassi animali (idrogenati) ed altri formaggini industriali. E’ anche essenziale nella produzione di vetri di puro quarzo per orologi, obiettivi, e microscopi.
L’idrogeno è presente in una varietà infinita di processi industriali come materia prima, tuttavia, solo negli ultimi anni i progressi nella scienza di base (materiali, catalizzatori etc.) hanno profondamente innovato la filiera idrogeno in tutte le fasi sue componenti: produzione (elettrolisi, reformers), stoccaggio (compressori, serbatoi) e conversione (fuel cell, inverter).
Esistendo in natura sotto forma combinata (cioè legato chimicamente) l’idrogeno è considerato un vettore, con un ruolo intermedio tra la fonte energetica necessaria per produrlo, fossile o rinnovabile che sia, e l’energia “utile” prodotta successivamente (elettricità, trazione, calore ecc.). Una prima critica al vettore idrogeno parte esattamente dalla perdita di energia iniziale. La percentuale di efficienza persa per produrlo è una delle principali critiche presentate da un nutrita schiera di ingegneri, economisti dell’energia e studiosi delle più diverse discipline, che propongono sia per stoccare energia, che per muovere le auto elettriche, le nuove batterie al litio, oggi impiegate per milliwatt nei cellulari ed i laptop. Viene stigmatizzata la perdita di efficienza ed i costi aggiuntivi del passaggio dell’energia dalla rete all’idrogeno, con la successiva riconversione in elettricità mediante fuel cell. Da una prospettiva termodinamica, il duplice passaggio energia primaria-idrogeno e idrogeno-elettricità, via una fuel cell, è un inutile allungamento della catena della conversione dell’energia: meglio la rete elettrica per trasmettere l’elettricità e le batterie per lo stoccaggio e la conversione finale.
Senza pretendere di presentare verità esaustive, è doveroso ricordare che l’idrogeno:
1) si produce oggi efficacemente con il metano in un processo di reforming, caratterizzato da un bassissimo impatto ambientale e da costi comparabili alla benzina in termini di km percorsi;
2) può essere prodotto mediante elettrolisi dell’acqua con l’energia elettrica localmente a disposizione; l’eco-compatibilità dell’elettricità determina quella dell’idrogeno che, tuttavia, qualora serva allo stoccaggio di energia rinnovabile (diffusa e discontinua), può creare un fondamentale valore aggiunto di quest’ultima;
3) grazie agli impressionanti progressi tecnici delle fuel cells, che hanno aumentato di un fattore 100 la loro efficienza in termini di materiali e dimensioni del sistema, mantenendo un alto rendimento nella conversione elettrochimica idrogeno-elettricità (oggi vicina al 50%), l’idrogeno è candidato a realizzare un sistema sostenibile di trasporto.
Tuttavia, nonostante l’idrogeno possa essere impiegato per stoccare energia rinnovabile discontinua e le fuel cells garantiscano un’ottima efficienza nella produzione di energia utile (con un inquinamento praticamente nullo), gli alti costi di investimento, uniti al continuo associare l’idrogeno con bombe radioattive ed il disastro del dirigibile Hindenburg (in cui l’idrogeno ha peraltro avuto un ruolo marginale), hanno impedito il lancio sul mercato di prodotti di largo consumo alimentati a idrogeno. Questo malgrado dettagliati studi che provano sia la fattibilità economica che i benefici ambientali di una produzione di idrogeno su larga scala.
Viene sempre ricordato come nelle applicazioni stazionarie l’efficienza del ciclo elettricità-idrogeno-elettricità sia inferiore di quella delle tecnologie concorrenti, relegandolo a sistemi isolati o come ciclo addizionale per applicazioni di nicchia. Tuttavia, questa prospettiva è miope, dimenticando volutamente che l’idrogeno può servire come carburante per i trasporti (che necessitano grande densità di potenza per brevi periodi), aumentando la versatilità delle fonti energetiche e costituendo, al contempo, un’utile scorciatoia dall’elettricità ai carburanti, come stoccaggio di energia dispersa e discontinua (leggi rinnovabile).
Per queste ragioni l’uso dell’idrogeno facilita l’eco-compatibilità del settore trasporti poiché 1) diversifica le fonti primarie; 2) aumenta la sicurezza dell’offerta di carburanti; 3) migliora la gestione del settore elettrico nella produzione stazionaria mediante la produzione di carburante; 4) facilita l’inserimento nella rete elettrica delle fonti rinnovabili di piccola taglia; 5) aumenta l’efficienza dal pozzo alle ruote dei veicoli; 6) Valorizza l’acqua, materia prima di un combustibile; 7) Impone una visione globale nel comportamento delle persone sugli usi della materia e dell’energia.
In conclusione, ai problemi dell’inquinamento locale e globale, che hanno degradato lo spazio urbano e sociale e cambiano il clima, si aggiunge, in questi anni, la questione “Roegeniana” dell’esaurimento delle risorse. Se il picco del petrolio sia giunto lo vedremo, consultando le statistiche ufficiali sulla produzione mondiale. Tuttavia, per ammissione degli stessi top manager delle compagnie petrolifere, la disponibilità di grandi quantità di petrolio a buon mercato appare definitivamente tramontata. Questo conta. Dovremo necessariamente muoversi con i mezzi pubblici, auto più leggere ed efficienti, isolare gli ambienti domestici, eliminare molti condizionatori e pagare di più l’energia elettrica ed i carburanti. Accanto ai vitali investimenti in infrastrutture di trasporto alternativo all’auto (ferro e piste ciclabili), al monitoraggio dell’energia consumata (smart meters), all’adattamento della rete elettrica per inserire la produzione rinnovabile ed alla generale diffusione delle centrali di piccola taglia, si pone la questione della creazione di una moneta comune energetica del futuro. Il concetto di hydricity sembra poter rispondere alle necessità di un sistema energetico strutturato come una rete più che dalla forma piramidale attuale.
Una transizione sembra apparire all’orizzonte, come oggi i carburanti vengono prodotti con poche perdite dall’energia primaria del petrolio, mentre l’energia utile (forza motrice, luce, elettricità e calore) è caratterizzata da bassa efficienza, con perdite dell’ordine del 50-70%, così in futuro sarà vero il contrario: l’energia utile dalle energie rinnovabili conquisterà lo status di energia primaria, venendo generata con perdite minori e, in contrasto, più alte perdite dovranno essere accettate per la produzione di carburanti.
Il rapporto Idrogeno : Carbonio
Immagine: Nebojša Nakićenović (attention: PPT 7 MB)