Appropedia (la Wikipedia del fai da te) parla di un sistema di purificazione delle acqua grigie, sviluppato in Ecuador: la Lagrima Purificadora.
Questo è un esempio di tecnologia di fitodepurazione a basso costo, alto impiego di manodopera e di gestione saggia delle risorse. E’ stato creato un bacino di decantazione che usa principalmente pietre locali e radici di piante acquatiche (come la Typha) per purificare le acque reflue di una cucina comune.
No Impact Man è un’iniziativa STUPENDA: una famiglia in piena New York sta tentando di azzerare l’impatto ambientale del suo vivere…scientificamente.
E’ qualcosa di cui avrei voluto parlare da tempo. Lo faccio ora prendendo spunto da un loro recente post (How we avoid making trash), che tratta di un aspetto importante: la produzione di rifiuti.
Febraio 21 – Stage one was figuring out how to live without making garbage: no disposable products, no packaging, etc. Stage two was figuring out how to cause the least environmental impact with our food choices. Stage three is figuring out how to reduce our consumption to only what is necessary and how to do that sustainably. The whole thing gets harder and harder as we add each stage.
Ecco il post (nell’originale trovate i links). Come evitiamo di fare i rifiuti
Nel caso siate nuovi al progetto dell’Uomo a Impatto Zero, dovete sapere che abbiamo suddiviso le nostre vite in sei “aree” ed abbiamo provato a vivere con un impatto minimo in ognuna di queste. Le sei aree sono: rifiuti (e come proviamo a non farne), produzione di carbonio dai trasporti (come non ne usiamo), consumo non-necessario (come non compriamo niente di nuovo), consumo sostenibile (come tutti i nostri alimenti vengono da un raggio di 250 miglia o meno), uso ridotto di energia (come non ne usiamo quasi nulla) ed uso sostenibile di acqua (come ci stiamo ancora provando).
Uno sbaglio diventa errore se ci si rifiuta di correggerlo.
John F. Kennedy
Segnalo Imbrocchiamola, l’ottima iniziativa di incentivazione dell’acqua del rubinetto di Altraeconomia, rilanciata del sito di Repubblica, con link ad articoli e le preoccupanti statistiche.
Sono personalmente felice della possibilità di rovesciare la tendenza attuale di comprare acqua (l’acqua minerale è il primo prodotto di largo consumo per fatturato).
E ricordate:
L’acqua viaggia benissimo nei tubi e malissimo nei camion diesel!
Il ventunesimo secolo è ancora giovane, rimanendo ancora novantatrè anni. Potrebbe quindi sembrare pretenzioso affermare che l’evento del secolo è già passato. Ma sarà felice di assumermene la responsabilità; poiché credo fermamente che il picco della produzione globale di petrolio greggio – comunemente denominato Peak Oil – sia già avvenuto nel 2006 [1] e sarà “L’evento” destinato a dominare la storia del ventunesimo secolo: uno dei quei “Storici Punti di Flessione” [2] che cambiano bruscamente le basi” nel corso della storia del mondo. Non posso prevedere nessun altro “evento” che possa offuscare il Picco del Petrolio. Persino le guerre mondiali che potrebbero scatenarsi in seguito al picco, alimentate dalla penuria generalizzata di risorse. Naturalmente, a meno che l’umanità non decida un suicidio collettivo con l’uso massiccio delle armi di distruzione di massa; ma un tale “evento” significherebbe scrivere la parola “fine” per la maggior parte, se non tutto, il genere umano.
Segnalo l’uscita del rapporto dell’Environmental Protection Agency (EPA) americana sulle intensità energetiche dei diversi settori industriali. Il rapporto cerca di stimare sia i consumi di energia dei diversi settori che le emissioni associate e va oltre, valutando le opportunità tecniche, legislative, finanziarie ed istituzionali per migliorare il bilancio di emissioni di ogni filiera.
Iniziamo una serie di post chiamata Cicli vitali, per due ragioni: 1) far conoscere il lavoro di Benoit Lambert con la rivista-sito gratuita De la Planète, attualmente in difficoltà (vedi); 2) diffondere le schede del Worldwatch in materia di ciclo di vita di alcuni prodotti di largo consumo.
Gli studi dei cicli vitali servono a mostrare come i processi economici possono essere modellizzati secondo i processi naturali – nei quali i materiali e l’energia vengono riciclati efficacemente dagli organismi viventi di generazione in generazione. Spero siano di vostro interesse.
Un semplice hamburger.
I figli degli uomini saggi cucinano prima di avere fame.
Proverbio greco
Due sono le cose che non vanno con l’hamburger:
il bilancio energetico
l’impatto nutritivo negativo del suo consumo
La storia dell’hamburger inizia con il petrolio necessario alla produzione dei prodotti chimici impiegati in agricoltura ed il diesel che fa avanzare i trattori, questi sono input per la produzione del nutrimento dei bovini da cui verrà macinata la carne, oltre all’acqua per raccolto ed animale. La produzione e distribuzione di un hamburger necessitano un’enorme quantità di combustibili fossili, provenendo da settori a fortissima meccanizzazione, si pensi inoltre all’energia lungo tutta la catena di refrigerazione…
Il Giappone è un paese costituito da quattro isole principali e, durante il cosiddetto periodo Edo (1600-1867), ha potuto autosostenersi senza lìapporto di energia e materiali dall’esterno, migliorando la qualità della vita dei cittadini e del suo ambiente in generale. La densità di popolazione nel periodo Edo era di 80 ab/km2, il doppio della media mondiale attuale.
Ora mi sembra necessario riportare (da Tecalibri) il Testamento del Padre della Bioeonomia
Il programma bioeconomico minimale
Primo, la produzione di tutti i mezzi bellici, non solo la guerra, dovrebbe essere completamente proibita. E’ assolutamente assurdo (e ipocrita) continuare a coltivare tabacco se per ammissione generale nessuno intende fumare. Le nazioni così sviluppate da essere le maggiori produttrici di armamenti dovrebbero riuscire senza difficoltà a raggiungere un accordo su questa proibizione se, come sostengono, hanno abbastanza saggezza da guidare il genere umano. L’arresto della produzione di tutti i mezzi bellici non solo eliminerebbe almeno le uccisioni di massa con armi sofisticate, ma renderebbe anche disponibili forze immensamente produttive senza far abbassare il tenore di vita nei paesi corrispondenti.
Arrivando alla fine di un anno significativo per i cambiamenti in corso nel mondo non si puo’ fare a meno di ricordare il padre della bioeconomia. Nicholas Georgescu-Roegen era nato a Costanza, Romania, 4 febbraio 1906 ed e’ morto a Nashville, Tennessee, il 30 ottobre 1994.
Matematico ed economista eterodosso americano, d’origine rumena si è laureato in matematica in Romania ed ottenne il dottorato in Statistica alla Sorbona.
Volendo sintetizzare al massimo, Georgescu ha provato due cose suggerendone una terza. In primo luogo ha compiuto una profonda analisi epistemologica della teoria economica dimostrandone la sua discendenza dalla fisica newtoniana e – soprattutto perché applicata per la spiegazione di fenomeni sociali e non fisici, ancella dei suoi sviluppi “meccanicistici”.
Il secondo contributo deriva direttamente dalla critica dei fondamenti della scienza economica: il pensiero economico si è “fermato” alla fisica newtoniana e non ha incluso i più recenti sviluppi della fisica stessa; la prospettiva dell’economista si limita alla considerazione di sistemi chiusi al circuito produttivo in senso stretto, senza prendere in considerazione, inquinamento, scarti, degradazione dell’ambiente, esaurimento delle risorse ecc. Cosi come la fisica newtoniana non conosceva la relatività e la fisica quantistica, allo stesso modo la teoria economica neoclassica basata su una concezione utilitaristica dell’agire, non concepisce, l’entropia crescente del sistema-società sia essa degradazione dell’ambiente o miseria degli uomini.
Il suggerimento, che, credo, si possa individuare come la sintesi del suo pensiero e’ nel proposto rallentamento di tutto il sistema economico: non potendo sperare in risorse “realmente” rinnovabili per alimentare circuiti economici mai realmente virtuosi, perché comunque “spreco” di energia e materia, meglio la bioeconomia. Per Georgescu non esiste una formula magica, esiste un programma bioeconomico minimale.
Tra i precetti citiamo, la fine del consumo di beni effimeri (mode), energivori (lusso), non riparabili, meglio il consumo di prodotti locali, non confezionati, la fine dell’industria bellica.
In fondo mi piace pensare che il Protocollo di Kyoto sia ispirato da lui e che magari un giorno gli sarà dedicato.
Mitsui Engineering & Shipbuilding Co, (MES) annuncia di aver ricevuto un ordine per la costruzione di un impianto di riciclaggio per gli scarti dallo shochu, un liquore giapponese distillato, dall’Associazione per il riciclaggio di Saito (SRA) della prefettura di Miyazaki. L’impianto riciclerà gli scarti generati durante la produzione dello shochu dall’orzo o dalla patata dolce in materiali per il foraggio, concentrando ed asciugando gli scarti di produzione stessi.
L’impianto può trattare fino a 100 tonnellate di sedimenti al giorno, contribuendo ad impedire l’inquinamento marino causato dalla loro eliminazione nell’oceano. In questa fabbrica, quasi tutti gli ingredienti attivi sono separati dai sedimenti di shochu, concentrati ed essiccati, sono riciclati in etanolo da mescolare con benzina, o in materiali per l’alimentazione.
MES progetta di stabilire un servizio permanente di soluzione life-cycle (LSS) dal trattamento dello scarto del shochu all’utilizzazione dei materiali riciclati. Inoltre concentrerà la sua attività di ricerca e sviluppo per attrezzature ambientali e vari sistemi per la riduzione delle difficoltà ambientali onde contribuire alla realizzazione di una società orientata al riciclaggio.
Il governo metropolitano di Tokyo (TMG) ha recentemente annunciato di aver ridotto le emissioni di gas ad effetto serra (GHG) del 3.3 per cento dai livelli del 2004 (74.446 tonnellate), raggiungendo cosi’ un livello di 2.203.560 tonnellate equivalenti CO2. Il TMG sta attuando un programma di riduzione delle emissioni per contrastare il riscaldamento globale, e mira ad una riduzione del 10 percento delle GHG per il 2009 dai livelli del 2004. Genera circa 3 per cento delle emissioni totali di GHG a Tokyo.
Il progetto della TMG include diverse misure per il risparmio energetico, quali: (1) apparecchi a basso consumo; (2) sistemi di monitoraggio del consumo di elettricita’ in 30 edifici pubblici; (3) sostituzione dalle lampadine incandescenti con diodi luminescenti; (4) motori ed invertitori avanzati per i treni; (5) sistemi ad energia solare negli impianti di purificazione dell’acqua di Asaka, di Misono e di Ozaku ed incenerimento a temperatura elevata del fango negli stabilimenti di trasformazione delle acque reflue per ridurre le emissioni di ossidi di azoto (N2O).
Il 5 ottobre 2006, la corte distrettuale di Nagoya ha ordinato al governo la pubblicazione delle informazioni sul consumo di elettricità e di combustibile di quattro grandi impianti industriali: Nagoya Works della Nippon Steel Corp.; Yokkaichi Complex della Tosoh Corp.; e due fabbriche (a Yokkaichi a Shiojiri) della Mitsubishi Chemical Corp. Questo giudizio à stato reso su una delle tre cause intentate contro il governo nazionale da Kiko Network, un’organizzazione non governativa (“kiko” = clima), che opera per la pubblicazione dei rapporti energetici delle principali aziende.
Secondo la legge sull’uso razionale dell’energia, le grandi fabbriche sono obbligate a comunicare il loro consumo annuale di elettricità e di combustibile al governo. Nel 2004, la rete di Kiko ha chiesto al governo di pubblicare i rapporti per l’anno fiscale 2003 riguardanti le fabbriche di Tipo 1 (i più grandi emettitori), ma per 753 impianti, il 15% del totale, non sono stati resi pubblici. Tenendo conto che questi dati sono essenziali per le misure contro il riscaldamento globale, la rete Kiko ha invitato il governo a cambiare la sua decisione di non pubblicare le informazioni su quelle facilità ed ha intentato tre cause, come cause-modello, nelle corti distrettuali di Nagoya, Osaka e Tokyo in 2005. Nel caso di Nagoya, la rete ha chiesto la rilevazione dei dati su nove impianti manufatturieri sotto la giurisdizione dell’ufficio di Chubu del Ministero di economia, commerciale e dell’industria.
Inizialmente, il ministero aveva ribadito che la pubblicazione avrebbe minato il vantaggio competitivo delle aziende, ma nel mese di maggio 2006 quando la causa era ancora in corso, il governo ha cambiato la sua decisione riguardo a cinque dei nove impianti nella causa di Nagoya. Inoltre, i rapporti di 326 ulteriori impianti nel resto del paese sono stati resi pubblici da luglio 2006. Includendo alcuni impianti rilevati prima di allora, i dati su un totale di 340 impianti sui 753 d’origine sono ora aperti al pubblico.
Risulta ora evidente che le emissioni di anidride carbonica (CO2) di 200 grandi impianti, compresi quelli i cui i dati non sono stati rilevati, rappresentano più della metà delle emissioni totali del CO2 del Giappone. La rete di Kiko prevede che la vittoria legale a Nagoya imprima un’accelerazione decisiva agli sforzi futuri per combattere il riscaldamento globale.
In un post precedente avevamo parlato della necessità di separare i rifiuti. Per la gestione dei rifiuti è assolutamente necessario separare l’umido e poi tra vetro/plastica/metalli ed il cartaceo. Ecco lo stato dell’arte sullo smaltimento dei rifiuti alimentari.
Food Waste Recycling in Japan by Yuriko Yoneda
Daily meals are source of our energy. Dining together is essential for us not only from a nutritional perspective but also as a good occasion to communicate with families and friends. At the same time, we should note that a certain amount of food waste is always created whenever we have a meal. This article outlines the current situation of food waste recycling in Japan.
Waste Disposal System and Food Waste in Japan
The source of food waste can be divided into three stages from food producers to consumers: a production stage (including the processes at food processing companies), a distribution stage (including supermarkets and retailers where food waste including unsold products is generated), and a consumption stage (including restaurants and households, etc.).
Interrogazione a risposta scritta 4-01473 presentata da ROBERTO POLETTI luned? 6 novembre 2006 nella seduta n.063
POLETTI. – Al Ministro dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
ogni anno migliaia di ciclisti sono vittime di gravissimi incidenti stradali, nel 2000, ad esempio, i decessi sono stati 372 e i feriti 10.554, spesso a causa di collisioni con camion. Per inciso si tratta del 10 per cento dei feriti e del 35 per cento dei morti in seguito ad incidenti stradali, un tasso superiore alla media europea, nonostante una circolazione ciclistica ridotta, decisamente al di sotto della media europea. Nei paesi dove si usa pi? la bici, infatti, la sicurezza dei ciclisti appare decisamente migliore; Prosegui la lettura…
Il Giappone ? tra i primi 10 paesi al mondo per tasso di motorizzazione: alla fine del 2005, c’erano approssimativamente 75 milione veicoli a quattro ruote in Giappone, o un automobile per ogni 1.7 persone, in media vi ? un?automobile ogni 7.5 persone nel mondo. La vita media ? in aumento, 10.9 anni per le automobili nel 2005 e 11.7 anni per i camion. Nel Giappone, circa cinque milioni di automobili sono rottamate ogni anno; questi veicoli in fine-di-vita (end-of-life-vehicles o ELV) sono una utile risorsa, contenendo metalli e parti importanti. Circa un milione di questi sono esportati come veicoli usati, mentre i quattro milioni restanti sono inviati dai rivenditori agli sfasciacarrozze ed alle aziende del riciclaggio.
Nel processo di riciclaggio, gli sfasciacarrozze auto recuperano in primo luogo le parti del motore, le componenti della carrozzeria e le parti elettriche, che rappresentano circa 20 – 30 per cento del peso del veicolo. In genere, circa il 50 – 55 per cento delle parti del veicolo (in peso) non ? riutilizzabile, compresi alcuni componenti del motore, come i catalizzatori, i metalli non ferrosi e gomme e vengono riciclati come materie prime. Nel complesso, il 75 – 80 per cento delle parti (in peso) per il veicolo sono riutilizzati o riciclati. Dall?ottobre del 2002, la legge sul Recupero e la Distruzione dei Fluorocarburi richiede che i fluorocarburi usati nei condizionatori d’aria delle automobile vengano recuperati. Gli airbags, potenzialmente esplosivi devono essere trattati in un processo ad-hoc. Prosegui la lettura…