Ecosistema urbano 2008 – L’incipit pro bici
L’introduzione di Duccio Bianchi, direttore Istituto di Ricerche Ambiente Italia srl
Vogliamo perdere la bici dell’Europa ?
Le politiche ambientali urbane delle città italiane lentamente migliorano. Ma non tengono il passo con l’Europa. Anzi: cresce la distanza sia in termini di qualità delle politiche che in termini di concrete realizzazioni e prestazioni ambientali.
Cosa ci raccontano questi numeri? L’indicatore principe […] è la qualità dell’aria. E’ l’indicatore a cui sono più sensibili i cittadini, ma anche quello che in qualche modo riassume la qualità delle politiche della mobilità ed energetiche. Purtroppo non ci sono buone nuove. Per il biossido di azoto, in più della metà dei comuni (nel 55%, più che nello scorso anno), risultano superati i valori limite.
Analogo il dato (e analogo il peggioramento rispetto allo scorso anno) anche per le polveri sottili, il PM10. C’entrano poco le critiche condizioni meteoclimatiche della Pianura Padana: i limiti si superano anche in tante città costiere. Se ora spostiamo lo sguardo sull’Europa ci accorgiamo che non è così: i limiti talvolta si superano, ma non è la norma neanche delle grandi città.
La grande sfida delle città post-industriali, lo sappiamo, è la gestione della mobilità e dei consumi energetici. Molte città europee hanno investito sulla qualità ambientale come elemento caratterizzante della riqualificazione urbana, come motore di una migliore qualità della vita. Ma anche come attrattore di nuovi investimenti, di giovani, di turisti. Come motore di una crescita intelligente.
Prendiamo le politiche energetiche. L’integrazione di criteri ambientali ed energetici nella pianificazione urbanistica e nell’edilizia caratterizza le politiche di molte città europee. Lo testimoniano, concretamente, l’estensione della dotazione di pannelli solari o di impianti fotovoltaici o di reti di teleriscaldamento. Nelle nostre città, invece, aumentano i comuni che installano qualche impianto fotovoltaico (sono diventati 42, in questa edizione del rapporto) o qualche pannello solare (sono diventati 30).
Ma è difficile felicitarsi: il solo municipio di Monaco di Baviera ha installato (sui propri edifici) una potenza doppia di quella installata in tutti i 103 capoluoghi italiani. Mentre Barcellona o Lione hanno da soli installato più metri quadri di pannelli solari di tutti i capoluoghi italiani.
Il tasto più critico, però, è quello della mobilità.
Qui le città italiane scontano una pesante eredità.
Non dimentichiamoci, intanto, che la densità di automobili della città italiane non ha pari in Europa (Roma ha una densità più che doppia rispetto a Parigi). Né la modestia delle reti di trasporto veloce di massa. Recuperare su questi indicatori è complesso e lungo. Però, attenzione: il modello di mobilità urbana, in tante città (scandinave, olandesi, tedesche ed ormai anche francesi e spagnole) si sta spostando con grande velocità verso la mobilità ciclabile.
Si investe in piste ciclabili. Si investe in bike-sharing.
Si investe nell’intermodalità trasporto pubblico-bici.
Si investe in parcheggi per biciclette.
Si tutelano i ciclisti. Perché l’investimento in mobilità ciclabile è efficiente e di rapida implementazione. E, così facendo, si ottiene che in bicicletta si facciano una quota molto rilevante degli spostamenti sistematici (casa-lavoro, casa-scuola), non gli spostamenti ricreativi del week-end.
I numeri, purtroppo, sono impietosi. Persino le migliori esperienze italiane (quelle di alcune città emiliane e romagnole) sono modeste rispetto alle migliori esperienze del Nord Europa, pur tanto svantaggiato climaticamente. La quantità di piste ciclabili nelle città italiane continua a crescere. Ed è un bene. Ma tanto per avere un punto di riferimento: tutte le piste ciclabili delle città italiane a stento pareggiano la rete di piste ciclabili che mettono assieme Vienna, Helsinki e Copenaghen.