Il crollo delle città (e la rinascita possibile)
Foto | Flavio Petrini
Finalmente e riflettendo la realtà Ecosistema urbano abbassa le grandi città nel ranking di sostenibilità (vedi Repubblica ed Ecoblog). La tabella presenta i crolli di Roma (-13 posizioni), Milano (-17), Palermo (-11). Prima grande è Genova, 32a, che scende di 10 posizioni.
Conoscendo le variabili che determinano la sostenibilità (PM-10, Acqua potabile, Perdite rete idrica, Capacità di depurazione, Produzione di rifiuti, Raccolta differenziata, Trasporto pubblico, Tasso di motorizzazione, Isole pedonali, Zone a traffico limitato, Piste ciclabili, Verde urbano, Consumi di carburanti, Consumi elettrici domestici, Politiche energetiche), chi negherebbe che le grandi città italiane sono dei mostri ambientali.
Cosa sono le città?
L’essere umano si aggrega principalmente per necessità, non virtù. Questo implica che le motivazioni primarie delle adesioni politiche siano motivate da interessi materiali e personali. Nobili erano certamente le motivazioni storiche: a causa dei bisogni primari di sicurezza (alimentare, fisica, produttiva) si crearono i villaggi, costituiti da tribù composte da famiglie allargate. Frontiere allargate. Da questi “nodi” locali lo spazio è gentilmente e ruvidamente andato allargandosi, sempre per la causa della convenienza dello scambio: quel misterioso e duro luogo di contrattazioni era sempre al di là del “proprio” territorio.
Questo stato di cose ha permesso lo sviluppo della geografia.
Primo esempio: l’uomo greco, per mare (e con lo spazio eterogeneo cui si associa).
Rapporti inediti di Imperi Asiatici con Leghe di città Greche che spostano enormi canali di ricchezza. Non tesori, ma affari che lo scambio ha permesso e che continueranno ad allargarsi. I beneficiari nel tempo aumenteranno e i Governi saranno sempre più propensi a riconoscere i mercati. Le Zone Franche, dove i pastori delle montagne portano bestiame e pelli da scambiare con il surplus degli agricoltori delle pianure, convengono a Banche e Ministeri. Alla base c’è sempre un incontro tra gente di montagna e di pianura, che si contamina con gli affari sul mare. Un veicolo specifico è la fonte vitale, che viene dal seno, il latte…
Fondamentale saper far marcire il latte. Da quando esiste il formaggio, infatti, l’uomo è riuscito a stanziarsi lontano da mare (pesce) e boschi (caccia), dato che i formaggi hanno reso disponibili grassi e proteine non deperibili. Preziose calorie stoccate per l’inverno. Un siero animale che diventa cibo preziosissimo. La super cura per frenare il nomadismo che termina il neolitico, e l’incessante, continua ricerca di proteine. 1 esempio tragico ed estremo di ricerca di risorse? The Road.
L’uomo si è rassicurato con le caciotte, sia dell’agricoltore che del pastore. Si è riprodotto di più e meglio, potendo dedicare se stesso e i figli alla manifattura, la produzione di cose. Scienza, arte ed artigianato (appropedia e instructables), per diffondere strumenti, attrezzi e beni da scambiare. Ma come farli questi beni?
Energia e materiali. Dalle alture i boscaioli scambiano legno per i cereali, mentre pesce e sale risalivano le colline. Le fornaci a margine dei boschi lavoravano il ferro. Si consumava legno per fare gli attrezzi per tagliare più legno.
Arriva Prometeo I (vedi Georgescu-Roegen 1906-1994). MEGA NEMESI: come nell’epopea di Gilgamesh, i boschi d’Arabia (per il legno) sono la fonte energetica della prima rivoluzione industriale (così l’Arabia del petrolio oggi lo è per la seconda. E’ Prometeo II di Georgescu.
Che anello del ritorno!! Vedi anche il Viaggio nella foresta.
Le città evolvono dai mercati, per far incontrare agricoltura e pastorizia, poi sono divenute sedie dell’industria di trasformazione di materie prime agricole e minerali e, conseguentemente, centri di potere religioso e militare. Effettuano il coordinamento del più ampio spazio controllato e ne assicurano l’organizzazione.
I “signori” si fanno pagare per questo. E’ un nuovo contratto che i “clientes” imitano e, infatti, col tempo, tutti i cittadini producono servizi, non beni come fanno invece pastori, agricoltori, boscaioli e fabbri.
Anche oggi è così, ma col petrolio le dimensioni si sono estese esponenzialmente, così come il numero di intermediari nella catena del valore. Le città consumano prodotti agricoli ed industriali, pagando in servizi. A parte gli scaricatori, in città il lavoro fisico si trova nell’edilizia e nel (poco) artigianato (vedi Cyclopolis). Le industrie sono fuori. Normale che i trasporti siano un problema: tutto quello che serve ai cittadini deve entrare in città, dato che in loco non si produce più nulla. Inoltre…
Il primo prodotto. E’ quello che non si dovrebbe vendere. L’acqua in bottiglia è il prodotto più venduto per fatturato (dati Nielsen da scanner) e – possiamo scommetterci – anche il più ingombrante (1kg per 1litro). Quanti camion classe Euro 0 (per la sfrenata concorrenza di questo business straccione entrano ogni giorno nelle città per portare milioni di bottigliette?
…e tantissimo particolato che uccide (di cui i nostri figli ci chiederanno conto!)
L’acqua deve viaggiare nei tubi!!
L’economia dei servizi è costruita sul valore aggiunto del movimento di cose per nutrire le persone che si muovono da e dentro la città, per produrre servizi. Che non servono (quasi) più. Ma, da e sempre…
Servono calorie alimentari e calore per vivere
Si potrebbe parlare di orti urbani, edifici efficienti, energia rinnovabile, ma voglio concentrarmi sulla mobilità e portare soluzioni; ma, ciclicamente, riporto l’inizio del blog:
Da quando ho cominciato a interessarmi della natura entropica del processo economico, non riesco a liberarmi di un’idea: è disposto il genere umano a prendere in considerazione un programma che implichi una limitazione della sua assuefazione alle comodità esosomatiche? Forse il destino dell’uomo è quello di avere una vita breve, ma ardente, eccitante e stravagante piuttosto che un’esistenza lunga, monotona e vegetativa. Siano le altre specie, le amebe per esempio, che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una terra ancora immersa in un oceano di luce solare. Nicholas Georgescu-Roegen
Soluzioni
Car-sharing elettrico rinnovabile in Giappone. Il piano quinquennale Ecotown coinvolge 13 province e si basa su piattaforme tecnologiche per auto elettriche e ibride adattate ai contesti locali: Kyoto punta sul turismo con il noleggio di vetture ecologiche, a Nagasaki, invece, le stazioni di ricarica saranno alimentate solo ad energia solare ed eolica, così come nell’isola di Okinawa il programma punta a ridurre a zero le emissioni di anidride carbonica, dei trasporti privati con la diffusione di veicoli elettrici. In particolare, nelle tredici province i punti per l’accesso alla rete elettrica saranno disponibili in parcheggi a pagamento e spazi di sosta pubblici. rinnovabili.
Spersonalizzare l’auto, diminuirne l’uso e cambiarne il motore.
Bike-sharing di Parigi. Fino a 150.000 viaggi al giorno: le biciclette noleggiate a Parigi sono diventate parte integrante della mobilità urbana locale. E’ Velib (vedi anche Velo’V a Lione). A utilizzare le due ruote sono soprattutto persone che devono spostarsi in centro per lavoro: si riducono così i tempi di percorrenza nel centro senza inquinare. Il pagamento per l’accesso al servizio avviene con carta di credito o moneta. Prodotte in Ungheria, le biciclette vengono riparate su un’officina galleggiante (idea per il Tevere: Ciclo-barcarolo) in grado di spostarsi a seconda delle richieste. I dati essenziali: 63 milioni di noleggi in 3 anni. Velib va estendendosi ai 29 paesi della cintura periferica.
Ritrovare un mezzo di trasporto individuale, non motorizzato, non ingombrante, sicuro e non inquinante.
La Grande Berlino (grazie a Enzo Argante). Fra le città europee Berlino presenta indici di qualità della vita molto elevati, derivanti da una struttura urbanistica multipolare, dalla elevata accessibilità, dalla riqualificazione degli spazi pubblici, dall’attenzione per l’ambiente. Per questo la capitale tedesca, a vent’anni dall’unificazione, è diventata un modello di mobilità sostenibile da seguire. Per ragioni legate al progressivo consolidamento del proprio impianto urbano, Berlino si trova oggi a disporre nel proprio cuore di un enorme parco, il Tiergarten. Un polmone verde dove si possono incontrare cervi, scoiattoli e volpi, accessibile dalla metropolitana oltre, ovviamente, che con le bici.
I sistemi su ferro (U-Bahn, S-Bahn, Metro di superficie e tram) formano una rete di quasi 500 chilometri che gestisce l’80% degli spostamenti realizzati con mezzi pubblici Originariamente le varie componenti della rete erano autonome:
- la S-Bahn, il servizio ferroviario urbano composto da 15 linee prevalentemente di superficie che copre la città e i dintorni;
- la U-Bahn, la metropolitana, conta nove linee per lo più sotterranee;
- la rete tranviaria composta da 22 linee urbane (vedi).
Nel 2005 però, la rete su ferro è stata completamente riorganizzata con l’istituzione delle linee Metro Tram. Fitta e differenziata anche l’estesissima ragnatela delle linee di autobus di superficie che varie da quelle ordinarie, alle MetroBus a quelle espresse e notturne. Una curiosità è rappresentata dalla linea ferroviaria circolare Berliner Auβenring, eredità dell’epoca del muro utilizzata per raccordare tutte le ferrovie locali verso Berlino Est. Berlino è servita anche da 10 linee periferiche di traghetti che navigano sulla Sprea, sui piccoli fiumi e laghi connessi.
Ferrovie locali complementari all’alta velocità tra le metropoli.
Il sistema è integrato con i 900 chilometri di piste ciclabili (vedi Piano quadro ciclabilità Roma). In pratica con questo mezzo di trasporto si accede ovunque, anche sulle lunghe distanze, grazie a un sistema gratuito di biciclette che permettono di coprire l’ultimo miglio (il primo lo si fa utilizzando la propria). Anche per evitare ingombranti e faticosi trasferimenti a bordo del mezzo pubblico. Naturalmente nella capitale tedesca anche la mobilità privata funziona grazie a una rete ben strutturata, al numero di auto circolanti contenuto e alla rigorosa organizzazione della sosta. Non solo: su ben 225 chilometri di strade urbane la velocità massima consentita è di 20 km/ora. Per questo il tasso di motorizzazione privata è molto contenuto: 322 veicoli per 1.000 abitanti.
Speranze
E’ bello pensare che la cura inizia dalla fine, per i primi. Si educano i bambini a capire la fine dell’economia: a non sprecare cibi (vedi Un Anno contro lo Spreco, del rettore Andrea Segrè) ed alla raccolta differenziata. Gli si racconta la storia delle cose: riciclo e riuso dei materiali per minimizzare la produzione di rifiuti. Non massimizzare la combustione sporca dei termo-valorizzatori con i camion e le discariche delle mafie (vedi La fine dell’età del fuoco e Il genocidio dei campani). Una speranza, a Roma è il progetto Ricicliamoci.
Infine, nel pieno spirito del programma bioeconomico minimale, riaffermiamo la necessità di non produrre né acquistare armi, come propone e prova conveniente per l’economia italiana lo studio Bocconi della Science for peace di Umberto Veronesi (vedi: Il disarmo è giusto).