Statistiche inutili: l’intensità energetica
Niente foto bucoliche qui.
Ecco la lista dei paesi secondo l’intensità energetica nel 2003 (da Wikipedia).
Unità: tonnellate equivalenti petrolio (TOE) per milioni di PIL di dollari reali del 2000 [TOE/$]
Fonte: World Resources Institute
Vediamo il Gruppo 1, compreso entro 90-140, che va dal Peru ad Israele.
E’ impressionante notare che Botswana, Sri Lanka, Svizzera, Italia e Tunisia sono tutti paesi con un’intensità energetica di 120 TOE/$.
Si tratta di paesi enormemente diversi da un punto di vista sociale, economico e demografico. Si potrebbe dedurre che questi paesi abbiano un’intensità energetica simile, poiché energia e Pil vanno di pari passo: il Botswana consuma poca energia e genera poco Pil, al contrario della Svizzera. Ma il numero non dice chi consuma (cosa) e chi genera il dollaro di Pil.
Passiamo al Gruppo 2: da Cipro al Sud Africa, con in rosso Eritrea, Svezia, Equador e gli USA. Anche in questo caso l’indicatore TOE/PIL non informa sul reale stato di cose vigenti:
- un paese che produce molta energia potrebbe esportarla tutta ed impoverire i suoi abitanti
- un paese che non ne produce ma pratica risparmio energetico democratizza l’energia
- noi (Italianiii!) che non ne produciamo e andiamo tutti in auto (a 10km/ora nel traffico) ci impoveriamo, senza accorgercene.
In alternativa si potrebbe prendere l’intensità energetica pro capite. Serve la popolazione e un’ottima fonte è il CIA World Factbook. Dividendo l’intensità energetica per la popolazione (e moltiplicato 1000000) si ottengono i grammi di TOE/$.abitante: delle statistiche diverse…che non spiegano nulla! Infatti, nel grafico, tutto a sinistra troviamo Cina, India e USA: l’intensità energetica pro-capite non spiega né il benessere né la sostenibilità.
Un prova dell’inutilità dell’EI (procapite e non) viene dall’affiancamento dell’EI pro capite con i consumi di energia pro capite:
Il successo (tutto accademico) dell’intensità energetica si spiega con l’analisi delle serie temporali. La ragione del suo utlizzo è stata (di)mostrare la sua propria diminuzione nel tempo. Per 2 ragioni:
- per confermare l’ipotesi della dematerializzazione delle economie avanzate, basate sui servizi.
- per generare la visione ottimistica delle Curve Ambientali di Kuznets, secondo le quali Paese ricco = Paese sostenibile (un bel lavaggio delle coscienze).
In realtà, le economie moderne importano beni che hanno consumato molta energia, materiali ed acqua per essere prodotti altrove (NIMBY?).
Altrove dove?
Dove il lavoro è schiavitù, l’inquinamento non viene pagato e per un blog si va in galera!
Qui da noi intanto il settore, siderurgico, chimico e tessile spariscono.
Infatti consumiamo meno energia procapite:
Il contrappasso c’è ed è questo:
il prodotto che ha consumato energia, materiali e acqua “lì” si vendica “qui”, da noi, inqunando le falde acquifere che passano sotto le nostre enormi discariche!
ATTENZIONE: incuria e inquinamento rischiano di compromettere anche gli ultimi settori economici che ci rimangono: alimentari e turismo.
I prodotti “reali” importati, che hanno consumato risorse ed energia ed inquinato altrove (es. dai BRICS), ma anche da noi in fine vita (breve), vengono pagati dall’OCSE con il debito.
Un debito garantito dalla scommessa della futura crescita.
E, dato che le previsioni OCSE non sono di crescita, i titoli del debito…
Si chiamano Bond, PONZI BOND!
Traduco quello che diceva l’Agenzia Internazionale dell’Energia nel 2004, in occasione del (suo) 30° compleanno. Oil Crises & Climate Challenges 30 years of energy use in IEA countries, 2004, p. 195.
Uno dei risultati più importanti di questo studio è che il tasso di risparmio energetico nei paesi membri dell’AIE ha subito un rallentamento a partire dal 1990, così come la diminuzione delle emissioni di CO2 rispetto al PIL. Questo dimostra che i cambiamenti causati dalla crisi (dei prezzi) petrolifera degli anni 1970 e le politiche energetiche conseguenti sono stati più efficaci per controllare la crescita della domanda di energia e ridurre le emissioni di CO2 che non l’efficienza energetica [tecnologia, NdR] e le politiche per il controllo del clima degli anni ’90.
Il rallentamento del risparmio di energia è un problema ambientale e di sicurezza energetica. I due principali vettori energetici petrolio ed elettricità, sono caratterizzati da una rapida crescita. Il consumo di petrolio si spiega con la rapida crescita della domanda di trasporto, mentre l’aumento dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici nelle famiglie e nel settore dei servizi spinge la domanda di energia elettrica.
Nel breve e medio periodo il trasporto rimarrà quasi interamente dipendente dal petrolio. Anche se le fonti rinnovabili hanno iniziato a progredire nella produzione di energia elettrica, la maggiore domanda di elettricità nei prossimi anni sarà soddisfatta in larga misura da nuove centrali a carbone o a gas. Date le considerevoli inefficenze nella generazione di energia elettrica e la bassa probabilità che le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 possa diffondersi nel breve periodo, la maggiore domanda di elettricità aumenterà significativamente le emissioni di CO2 nei paesi dell’AIE.
Quale crescita avremo nella domanda di servizi energetici nei diversi settori dell’economia? E quali prospettive esistono per ri-accelerare il risparmio energetico?
La domanda posta da Georgescu-Roegen 20 anni fa è sempre valida…
Interessante.
Mentre aspetto il seguito ti mando un saluto 🙂
Messo il seguito…ma la storia continua!