In tutte le casse dei negozi (supermercati o alimentari) troverete decine di dolciumi. Negli Stati Uniti, dove si consumano in media 10 chili di dolciumi ogni anno, vengono associati a feste popolari come Halloween o san Valentino. In Scozia, la barretta di cioccolato Mars, prodotta con l’immersione nell’olio bollente, ha fatto furore negli anni ’90. Circa 150 nuove varietà arrivano sugli scaffali ogni anno, ma il 65% dei marchi americani sono disponibili da oltre sei decenni. La prima tavoletta composta fu la Goo Goo Cluster, apparsa nel 1912, attirava la gente con il suo melange di cioccolato al latte, caramello, guimauve e noci. Gli anni ’20 furono gli anni d’oro dei dolciumi, allora emersero marchi come i 3 Moschettieri, Baby Ruth e Snickers – che resta il re delle vendite di sempre. altri marchi sono durati meno, come il Chicken Dinner e Tummy Full, che si volevano a buon mercato negli anni della Grande Depressione. Prosegui la lettura…
La storia del blue jeans inizia in Baviera, culla dell’industria tessile e patria di Levi-Strauss, il quale partirà per gli Stati Uniti nel 1847. Nel 1870 il negozio di vestiti che ha aperto a San Francisco è già florido, la corsa all’oro ha creato una forte richiesta di vestiti da lavoro solidi. Un giorno Strauss pensò di utilizzare un tessuto da tappezzeria di tipo “denim”, un sergé di cotone, denominato il sergé di Nimes. Anche se la primogenitura in fatto di fabbricazione dei blue-jeans viene ricondotta, storicamente a Genova (vedi Wiki). Levi tinge il denim di blu e inizia a vendere i suoi primi jeans Levi’s a 1,46 dollari il paio.
Ne parlavamo a fine maggio, come di un’ottima idea per Napoli, ma anche più a Sud va benissimo.
Come ci informa Ingegneria ed Ambiente, è stata autorizzata la sperimentazione della dissociazione molecolare per il ciclo dei rifiuti nel Sannio come proposto dalla Provincia di Benevento (continua a leggere).
I primi sacchetti di plastica sono apparsi negli Stati Uniti nel 1957, cui hanno fatto seguito i sacchi dell’immondizia alcuni anni più tardi. La loro produzione è esplosa verso la metà degli anni 70, quando un nuovo metodo di fabbricazione, poco costoso, permise ai commercianti di dare sacchetti di plastica invece delle usuali borse di carta. Oggigiorno, la leggerezza, il costo ridotto e la resistenza all’acqua hanno fatto dei sacchetti di plastica uno degli oggetti fra i più onnipresenti al mondo. Da 4 a 5 trilioni (10^12) ne sono stati prodotti solo nel 2002.
Nel mondo si contano 551 milioni di automobili nel 2004 e 44 milioni di nuove automobili vengono acquistate ogni anno. Gli Stati Uniti, inventori della cultura dell’automobile, ne hanno un quarto ma tra qualche anno, la Cina raggiungerà un altro quarto. Ci sono più automobili che patenti di guida negli Stati Uniti. Ma non tutti soccombono all’automobile: dove le distanze sono brevi e/o dove ci sono buoni trasporti pubblici, alcuni fanno resistenza. Circa un terzo delle famiglie in Danimarca, ad esempio, fa a meno dell’auto. A New York, solo il 25 per cento degli abitanti possiede una patente di guida.
Le scarpe da ginnastica sono il simbolo dell’economia consumistica mondiale. Sono fabbricate nei paesi poveri e, quasi sempre, vendute ai ricchi. Rappresentano l’icona della velocità e del successo. Quasi l’80% delle scarpe da ginnastica vendute dalla Nike, la prima azienda del settore, con vendite che ammontano a 9 miliardi l’anno, non vengono usate per attività sportive.
La maggior parte delle scarpe da ginnastica dopo qualche mese sono considerate da buttare, poiché la suola in EVA risulta schiacciata e priva dello spessore iniziale. Anche se il resto della scarpa è in buono stato verrà comunque gettata. Un nuovo modello Nike, la Mayfly (costo 45 US$) è concepita per durare fino a 100 km, che vengono percorsi in 5-7 ore di cammino.
Il commercio è una pratica antica e, per un lungo periodo, è dipeso dal baratto. Verso il 9000 a.C. i vantaggi di un mezzo di scambio comunemente accettato sono apparsi e il bestiame è divenuto “moneta” di scambio. Altre forme sono state conchiglie rare, denti di balena o il sale. E’ solo verso la metà del VII secolo a.C. che in Lidia (Asia Minore) viene battuta la prima moneta scolpendo dei dischi di elettro (una lega naturale di oro ed argento).
La moneta cartacea viene inventata in Cina all’inizio del IX secolo dopo Cristo. Contrariamente alle monete di metallo nobile, che hanno un valore intrinseco, la carta moneta costituisce un’innovazione importante, poiché implica che un mero pezzo di carta rappresenti una “promessa di pagamento” garantita dai commerci di beni reali. Questa innovazione ha permesso la creazione delle banche moderne nell’Italia Medievale (vedi).
Oggi, nel mondo esistono 172 monete diverse, l’euro è una delle più recenti, utilizzata da 300 milioni di persone in 13 paesi.
Oltre mezzo miliardo di auto girano sulle strade del pianeta, per farle muovere servono 1,1 miliardi di pneumatici nuovi ogni anno. Ogni pneumatico è un elemento sofisticato della tecnologia dei trasporti, lontano anni-luce dal suo antenato in pelle, il pneumatico ad aria, inventato dall’inglese Robert Thomson nel 1845. Questo modello è scomparso ma c’è un vicino parente sopravvissuto che troviamo nei pneumatici da bicicletta in caucciù, inventati poco più tardi da John Boyd Dunlop, un veterinario irlandese.
Il pneumatico inventato da Dunlop, fu adattato all’uso da auto, poi divenuto il pneumatico radiale con anima in acciaio. Dal punto di vista del ciclo di vita, mettere in produzione un pneumatico comporta la sua eliminazione poiché i 6 millimetri del battistrada si consumeranno…
Nel 1964, Reynolds ha introdotto le prime lattine monouso, una pratica alternativa alle bottiglie in vetro con deposito ed alle scatolette in ferro che richiedevano un apriscatole. Fino agli anni 80 le lattine sono state usate per birre e bibite analcoliche, mentre oggi servono a contenere succhi, bevande energizzanti e tè freddo. Le lattine vengono apprezzate per la leggerezza e robustezza oltre alla capacità di raffreddare rapidamente il contenuto.
Anche motivati dai contributi di Ecoalfabeta (1 e 2), continuiamo la serie dei Cicli Vitali tratta da l’Etat de la Planète.
I consumi di acqua in bottiglia aumentano del 12% l’anno e rappresentano una spesa di 35 miliardi di dollari, incoraggiati dai costi bassi, dalla comodità degli imballaggi e, in certe regioni dalle preoccupazioni relative alla qualità dell’acqua di rubinetto.
E’ bene ricordare che nessun sistema di produzione di acqua in bottiglia può essere efficace quanto i sistemi di distribuzione pubblici e, se l’acqua in bottiglia rappresenta una soluzione alle mancanze delle infrastrutture pubbliche, la risposta più efficace rimane la costruzione e l’ammodernamento di queste infrastrutture.
Iniziamo una serie di post chiamata Cicli vitali, per due ragioni: 1) far conoscere il lavoro di Benoit Lambert con la rivista-sito gratuita De la Planète, attualmente in difficoltà (vedi); 2) diffondere le schede del Worldwatch in materia di ciclo di vita di alcuni prodotti di largo consumo.
Gli studi dei cicli vitali servono a mostrare come i processi economici possono essere modellizzati secondo i processi naturali – nei quali i materiali e l’energia vengono riciclati efficacemente dagli organismi viventi di generazione in generazione. Spero siano di vostro interesse.
Un semplice hamburger.
I figli degli uomini saggi cucinano prima di avere fame.
Proverbio greco
Due sono le cose che non vanno con l’hamburger:
il bilancio energetico
l’impatto nutritivo negativo del suo consumo
La storia dell’hamburger inizia con il petrolio necessario alla produzione dei prodotti chimici impiegati in agricoltura ed il diesel che fa avanzare i trattori, questi sono input per la produzione del nutrimento dei bovini da cui verrà macinata la carne, oltre all’acqua per raccolto ed animale. La produzione e distribuzione di un hamburger necessitano un’enorme quantità di combustibili fossili, provenendo da settori a fortissima meccanizzazione, si pensi inoltre all’energia lungo tutta la catena di refrigerazione…
Dealing with food waste in the UK è uno splendido rapporto con cui iniziare una serie di post sul Ciclo dei Materiali, intitolabile, in onore di Georgescu, “Matter matters too!”
Articolato su 65 pagine, il rapporto, prodotto da Eunomia Research and Consulting rappresenta una summa delle conoscenze Europee in materia di raccolta di scarti alimentari che, pur rappresentando un’ampia frazione dei rifiuti, sono solo in minima parte riciclati, causando un forte onere nei bilanci comunali.
Michael R. Ladisch Direttore del Laboratorio Energie Rinnovabili della Purdue University dell’Indiana sta sviluppando un digestore flessibile che ricicla resti di cibo, carta e plastica in carburante, il cui unico sottoprodotto è della cenere.
Mitsui Engineering & Shipbuilding Co, (MES) annuncia di aver ricevuto un ordine per la costruzione di un impianto di riciclaggio per gli scarti dallo shochu, un liquore giapponese distillato, dall’Associazione per il riciclaggio di Saito (SRA) della prefettura di Miyazaki. L’impianto riciclerà gli scarti generati durante la produzione dello shochu dall’orzo o dalla patata dolce in materiali per il foraggio, concentrando ed asciugando gli scarti di produzione stessi.
L’impianto può trattare fino a 100 tonnellate di sedimenti al giorno, contribuendo ad impedire l’inquinamento marino causato dalla loro eliminazione nell’oceano. In questa fabbrica, quasi tutti gli ingredienti attivi sono separati dai sedimenti di shochu, concentrati ed essiccati, sono riciclati in etanolo da mescolare con benzina, o in materiali per l’alimentazione.
MES progetta di stabilire un servizio permanente di soluzione life-cycle (LSS) dal trattamento dello scarto del shochu all’utilizzazione dei materiali riciclati. Inoltre concentrerà la sua attività di ricerca e sviluppo per attrezzature ambientali e vari sistemi per la riduzione delle difficoltà ambientali onde contribuire alla realizzazione di una società orientata al riciclaggio.
Il governo metropolitano di Tokyo (TMG) ha recentemente annunciato di aver ridotto le emissioni di gas ad effetto serra (GHG) del 3.3 per cento dai livelli del 2004 (74.446 tonnellate), raggiungendo cosi’ un livello di 2.203.560 tonnellate equivalenti CO2. Il TMG sta attuando un programma di riduzione delle emissioni per contrastare il riscaldamento globale, e mira ad una riduzione del 10 percento delle GHG per il 2009 dai livelli del 2004. Genera circa 3 per cento delle emissioni totali di GHG a Tokyo.
Il progetto della TMG include diverse misure per il risparmio energetico, quali: (1) apparecchi a basso consumo; (2) sistemi di monitoraggio del consumo di elettricita’ in 30 edifici pubblici; (3) sostituzione dalle lampadine incandescenti con diodi luminescenti; (4) motori ed invertitori avanzati per i treni; (5) sistemi ad energia solare negli impianti di purificazione dell’acqua di Asaka, di Misono e di Ozaku ed incenerimento a temperatura elevata del fango negli stabilimenti di trasformazione delle acque reflue per ridurre le emissioni di ossidi di azoto (N2O).
Il 5 ottobre 2006, la corte distrettuale di Nagoya ha ordinato al governo la pubblicazione delle informazioni sul consumo di elettricità e di combustibile di quattro grandi impianti industriali: Nagoya Works della Nippon Steel Corp.; Yokkaichi Complex della Tosoh Corp.; e due fabbriche (a Yokkaichi a Shiojiri) della Mitsubishi Chemical Corp. Questo giudizio à stato reso su una delle tre cause intentate contro il governo nazionale da Kiko Network, un’organizzazione non governativa (“kiko” = clima), che opera per la pubblicazione dei rapporti energetici delle principali aziende.
Secondo la legge sull’uso razionale dell’energia, le grandi fabbriche sono obbligate a comunicare il loro consumo annuale di elettricità e di combustibile al governo. Nel 2004, la rete di Kiko ha chiesto al governo di pubblicare i rapporti per l’anno fiscale 2003 riguardanti le fabbriche di Tipo 1 (i più grandi emettitori), ma per 753 impianti, il 15% del totale, non sono stati resi pubblici. Tenendo conto che questi dati sono essenziali per le misure contro il riscaldamento globale, la rete Kiko ha invitato il governo a cambiare la sua decisione di non pubblicare le informazioni su quelle facilità ed ha intentato tre cause, come cause-modello, nelle corti distrettuali di Nagoya, Osaka e Tokyo in 2005. Nel caso di Nagoya, la rete ha chiesto la rilevazione dei dati su nove impianti manufatturieri sotto la giurisdizione dell’ufficio di Chubu del Ministero di economia, commerciale e dell’industria.
Inizialmente, il ministero aveva ribadito che la pubblicazione avrebbe minato il vantaggio competitivo delle aziende, ma nel mese di maggio 2006 quando la causa era ancora in corso, il governo ha cambiato la sua decisione riguardo a cinque dei nove impianti nella causa di Nagoya. Inoltre, i rapporti di 326 ulteriori impianti nel resto del paese sono stati resi pubblici da luglio 2006. Includendo alcuni impianti rilevati prima di allora, i dati su un totale di 340 impianti sui 753 d’origine sono ora aperti al pubblico.
Risulta ora evidente che le emissioni di anidride carbonica (CO2) di 200 grandi impianti, compresi quelli i cui i dati non sono stati rilevati, rappresentano più della metà delle emissioni totali del CO2 del Giappone. La rete di Kiko prevede che la vittoria legale a Nagoya imprima un’accelerazione decisiva agli sforzi futuri per combattere il riscaldamento globale.