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Cyclopolis, il ritorno

Dopo i 40 anni si è responsabili della faccia che si ha (attribuita a Leonardo da Vinci). Dopo gli 80 non lo si è più, come se il bambino riemergesse (pensiero anarchico).

Sintesi dell’intervista di Benoit Lambert a la Tribune de Genève del 29 aprile 2012

 

“Cyclopolis” è un neologismo  che ben descrive il movimento che Benoit Lambert segue nel suo libro: come l’uso della bicicletta ha trasformato le città che hanno rinunciato a favorire l’automobile e quali sono le radici di questo urbanismo non motorizzato che conquista Copenhagen, Karlsruhe o Curitiba.

TG: Bike-sharing nelle capitali europee, autostrade per bici, la Velorution è cominciata?

BL: Si e no. Credo vi sia una messa in discussione degli effetti negativi dell’onnipresenza dell’auto e delle infrastrutture associate. E’ certamente vero nei paesi sviluppati e, talvolta, nei paesi in via di sviluppo (Bogotà e Curitiba). I cittadini oggi cercano la qualità della vita e, in maniera crescente, questo fa rima con meno macchine e più biciclette. Detto questo in India e Cina si assiste al fenomeno contrario. […] E’ necessario capire che la Velorution non si limita affatto alla bicicletta, ma propone un approccio multimodale: ritorno del tram, delle metropolitane di superficie e delle corsie riservate, una nuova pianificazione regionale del territorio che includa la “riscoperta della prossimità”ed anche una fiscalità favorevole al trasporto pubblico, un’idea venuta da Curitiba in Brasile.

TG: Salire su una bicicletta ogni mattina rappresenta un atto politico?

BL: Secondo il sociologo Andreu Solé, il nostro mondo è dominato dall’“Azienda-Mondo”, come ieri lo era dalla “Religione-Mondo”. L’automobile è una componente centrale di questa Azienda-Mondo che, secondo Solé, prende possesso del genere umano. Non aderire a questa Azienda-Mondo, pur parzialmente, è  certamente un atto politico. E’ l’essenza della mia tesi di dottorato all’Università di Ginevra del 2003: in una civiltà urbanizzata, il controllo dello spazio urbano e della velocità degli spostamenti è una nuova forma di potere … una tesi confermata di anno in anno: la mobilità è sempre più al centro dei dibattiti dei candidati (politici) ai più alti livelli. […]

E’ come se all’Azienda-Mondo si fosse contrapposta una “Internazionale-Ciclistica” che mette il dito sulla piaga, su una debolezza flagrante del sistema: l’autostrada e la velocità non assicurano affatto “accesso” e “mobilità”. E ancor meno la qualità della vita!

TG: Nel 2004 lei scriveva che Copenaghen è la città più vicina a Cycolpolis. E’ ancora vero?

BL: Senza falsa modestia, come avevo previsto, Copenaghen è la Cyclopolis per eccellenza. Un po’ come Parigi o Londra in altri tempi vive un’età dell’oro, essendo divenuta il riferimento urbano in questo inizio di XXI secolo. […] La città di Copenhagen ha fondato la propria identità sulla bici. E’ stato Jan Gehl (vedi), un urbanista che ha contestato ogni posto-auto lungo le strade della città per metterci delle piste ciclabili comode e sicure, all’origine di questa scelta.

Studenti in urbanistica del mondo intero hanno seguito i suoi passi, in particolare dal suo libro “Life between buildings”, tanto che oggi si parla della “copenaghenizzazione” delle città; un modello urbano pro-bici che limita la presenza delle auto. Con la loro ultima idea Copeaghen Cycle Chic la città è diventata alla moda. Facendo leva sull’immaginario. Presentando la bici come uno stile di vita. Cycle-chic esiste oggi in 40 città. Copenhagen mira al 50% degli spostamenti urbani in bici e con la diffusione della bici elettrica e la costruzione di autostrade ciclabili la capitale danese potrebbe raggiungere questo incredibile obiettivo.

[…]

TG: La crescita dei prezzi dei carburanti spiega la corsa alla bici?

BL: Non credo troppo a questa teoria, specialmente in Europa. La benzina non è affatto l’unico costo associato all’auto. In città è quasi marginale rispetto al parcheggio [esempio di Ginevra, NdT]. Inoltre con le auto ibride, i consumi possono ridursi fino al 50%. Il problema dell’auto non è solo legato alla sua dipendenza da questa forma di energia concentrata, pratica e rara, il petrolio. Il problema è la moltiplicazione del numero di auto in città non adatte.

Mi riferisco, in particolare, alla sua velocità che richiede molto spazio. [che viene così “tagliato” dalla velocità, NdT]

Anche l’uso generalizzato dell’auto, e gli investimenti che necessita, tendono a far sparire le alternative, come il treno e gli altri trasporti pubblici urbani. E’ un problema strutturale, non solo di costi energetici. La possibilità della diffusione delle auto elettriche alimentate con energia rinnovabile non è fantascienza, anche perche un motore elettrico ha una resa 3 volte superiore al motore a scoppio. Anche a costi alti di elettricità l’auto continuerà ad imporre un certo “modo di vedere”.

TG: Nel suo libro l’auto è il simbolo della religione della crescita. Tecnologiche, sempre più leggere, le biciclette dipendono dalla ricerca e, quindi, dalla crescita, no?

BL: Ci sono dei ciclisti un pò assillati da queste biciclette super-tecnologiche. Tuttavia, dal 1989, Marcia Lowe, dell’Istituto Worldwatch, sottolineava nel suo classico The Bicycle: Vehicle for a small planet (pdf pag. 64), che la fabbricazione di una bici necessita 100 volte meno risorse naturali  di un’auto.

Anche la bici tecnologica, elettrica, solare é la decrescita, non vi è alcun dubbio in proposito. La bici occupa uno spazio minimo rispetto a un’auto e la sua velocità rende la città più sicura.

E viviamo sempre più nelle città!

No, secondo me, la bicicletta contribuisce alla dematerializzazione di un bisogno, l’accessibilità, in particolare, partecipando alla formazione di una nuova struttura urbana, più armoniosa.

In bici mi sposto leggero come l’aria, tutto l’opposto di un’auto. La bici mostra i limiti di una economia della crescita centrata sull’oggetto…che porta ad una “obesità materiale” problematica.

Ignoro se il sistema finanziario che conosciamo sopravviverà, ma se sopravvive dovrà rinnovarsi per offrire nuovi servizi meno materiali per rispondere alle esigenze di qualità della vita di una modernità della quale non può monopolizzare la definizione indefinitivamente.

TG: Perche l’impatto della bicicletta sulle città è stato così poco studiato?

BL: Ottima domanda. Fino al 2003 ero il solo ad averlo fatto, almeno in una prospettiva politica. Esiste un tabù a parlare della dominazione (la nostra) da parte dell’automobile. In relazione all’Azienda-Mondo, Solé conclude che è difficile vedere quello da cui siamo circondati. E’ così vero! Qualche anno fa, un architetto di grido ha scritto un libro su Montreal, senza usare la parola “auto”…un obiettivo non scontato!