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#Salvaiciclisti – Copenhagen vista da Londra

8 Novembre 2012 Nessun commento

Libera traduzione dal Times

Perché la Gran Bretagna è così in ritardo rispetto ai paesi vicini in materia di ciclabilità?
Il mese scorso, il Times è stato invitato dal sindaco di Copenaghen a trascorrere una giornata in bicicletta in giro per la sua città e parlare con gli impiegati del municipio sul perché nella capitale danese è così facile e piacevole andare in bicicletta, a piedi e anche in macchina.

A Copenaghen, un terzo degli spostamenti quotidiani avviene in bicicletta, mentre l’uso dell’automobile è in calo. Il 25% delle famiglie con due bambini usa una cargo-bike per muoversi e  i cittadini sono incoraggiati a usare i 346 km di piste ciclabili dedicate e gestite con un budget relativamente basso di 10 milioni di € l’anno. Copenaghen è molto più piccola rispetto a Londra – 550.000 vs. 8 milioni – ma ha una densità di popolazione superiore, con oltre mille persone per chilometro quadrato in centro, per cui lo spazio ha un valore superiore.

Se si prendono in considerazione i benefici per la salute, il risparmio di tempo, la riduzione della congestione e gli incidenti stradali, le autorità di Copenaghen hanno calcolato che la società ha un utile netto di 1,22 corone danesi (circa 16 centesimi di euro) per ogni chilometro percorso in bici da ogni  suo cittadino.

Con gli stessi criteri, la società registra una perdita netta di 10 €ç per ogni chilometro percorso in auto. Il sindaco Frank Jensen ha affermato di aver avuto paura andando in bici per Londra, notando una forte animosità tra gli automobilisti e i ciclisti rispetto a Copenaghen. “Gli automobilisti sono molto più tranquilli con i ciclisti a Copenhagen,” ha detto, “Molti di loro vanno in bici e sono quindi consapevoli del fatto che più ciclisti più significa meno auto.”
Ingvar Sejr Hansen, un alto funzionario al Municipio di Copenaghen, ha detto: “Più ciclisti significa che si possono avere sempre più persone che vivono insieme nello stesso spazio, in quanto possono muoversi molto più facilmente all’interno della città. Ma hai bisogno di una massa critica di chiederlo”.

A Copenaghen, la massa critica è stata raggiunta alla fine degli anni ‘70 quando migliaia di persone manifestarono di fronte al municipio, con il prezzo della benzina alle stelle, per chiedere migliori condizioni per i ciclisti. Più di 30 anni dopo, la Gran Bretagna tenta di recuperare. La domanda di benzina ha cominciato a calare nel 2012 e, ad aprile, più di 10.000 persone a Londra e 1.000 a Edimburgo sono scese in strada per protestare contro il numero di ciclisti morti in Gran Bretagna (101 finora). Molti credono che sia giunto il momento per la Gran Bretagna di fare le stesse scelte che Copenaghen ha fatto tre decenni fa. Le grandi città come Londra e Edimburgo – ma anche città e villaggi rurali – possono imparare dalle regole semplici e, spesso, poco costose di Copenaghen.

1. Includere la sicurezza ciclistica nella pianificazione strategica della città
Nel piano comunale di Copenaghen è scritto che tutti gli sviluppi urbanistici devono prevedere delle infrastrutture ciclabili che soddisfano degli standard minimi. Hansen spiega: “Se si costruisce qualcosa, si deve prevedere un accesso al nuovo edificio o alla strada per tutti – ciclisti, pedoni e automobili. Le piste ciclabili devono essere di una certa larghezza, rivestiti di materiali certificati, secondo uno standard specifico di Copenhagen”. Le autorità cittadine possono anche richiedere ampi parcheggi per bici come parte integrante di tutte le nuove costruzioni; ogni 100 metri quadrati abitativi (in effetti si considera ogni appartamento) il costruttore deve installare 2 ½ di spazi per bici.

2. Dare priorità alla bicicletta rispetto al parcheggio
La rimozione dei posti auto è il primo passo delle autorità di Copenaghen quando si cerca di realizzare una pista ciclabile. Ogni posto auto è spostato nelle vicinanze o in un parcheggio sotterraneo. In alcuni punti, il prezzo del parcheggio è aumentato per scoraggiare gli automobilisti. Mr Hansen ha ammesso: “Serve volontà per rendere la vita un pò più difficile agli automobilisti.

3. Impostare obiettivi ambiziosi di medio e lungo periodo
Nel 2010 il 67% dei ciclisti di Copenaghen ha dichiarato di sentirsi sicuro sulle strade; il Comune vuole arrivare all’80 per cento nel 2015. Nel 2005, 118 ciclisti sono rimasti gravemente feriti a Copenaghen: la città vuole dimezzare questa cifra entro il 2015. Attualmente, il 35 per cento di tutti gli spostamenti nel centro città, per andare al lavoro o a scuola, sono in bicicletta: il Comune si propone di portarli al 50% entro il 2015. Tutto questo contribuirà a far raggiungere a Copenaghen il suo obiettivo di essere la prima capitale carbon neutral entro il 2025.

4. Le piste ciclabili non sono vetrine, ma santuari
Rendile esclusive e collegale. Le autorità di Copenaghen effettuano verifiche periodiche del numero di ciclisti che utilizzano le strade principali. Se più di 5.000 ciclisti al giorno utilizzano una strada, questa si qualifica per una pista ciclabile separata. Se il numero è inferiore a 5.000, ma ancora notevole, la strada avrà una pista ciclabile dipinta vietata alle auto. Il Comune assicura l’interconnessione delle piste ciclabili.

5. Sperimentare piste ciclabili lontane dalle strade principali
Nel 2006, un ponte ciclabile (foto sopra) è stato aperto di fronte al porto di Copenhagen con un costo di 35 milioni di corone (€ 3,8M). Il ponte è ora utilizzato da più di 11.000 ciclisti ogni giorno e, in termini di risparmio di tempo, si ripagherà entro il 2020.
Il Comune sta studiando modi per installare piste ciclabili a fianco delle linee ferroviarie all’interno e attraverso Copenaghen. La maggior parte dei treni hanno interi spazi dedicati al trasporto biciclette.

6. Contare i ciclisti e quanti vorrebbero esserlo
Ogni due anni si svolge censimento a Copenaghen per quantificare quanti pedalano, dove vanno e  quanto lontano, al fine di valutare quante più persone avrebbero usato la bicicletta se si sentissero più sicuri. Officine di manutenzione bici e piste ciclabili sono poi pubblicizzati, per far conoscere i servizi disponibili.

7. Affrontare i problemi dei ciclisti a livello di quartiere
Marie Kastrup, project manager per il ciclismo con il Comune di Copenaghen dice: “Inizia con un quartiere e sviluppalo, per mostrare quanto si può ottenere se la priorità è la bicicletta”. Scegli il quartiere con il maggior numero di ciclisti e fanne un modello per il ciclismo, con piste ciclabili, semafori intelligenti e segnaletica evidente per separare ciclisti e veicoli agli incroci principali. Questo può essere replicata in tutta la città.

8. Investire
Costruire 1km linea di metropolitana a Copenhagen costa 1 miliardo di corone (14M€). Ma la costruzione di 1 km di pista ciclabile costa solo 8 milioni di corone (1M€). Deviando una percentuale maggiore dei bilanci di trasporto verso il ciclismo, le autorità locali in tutto il paese ottengono benefici maggiori, rendendo le loro città più sicure, più pulite e più piacevole da visitare .

Salva il ciclista – Diritti e doveri

27 Febbraio 2012 Nessun commento

Foto |  Dirk van der Made

Per capire la mobilità si parte dalla biologia; mobilità significa controllo del territorio e quindi sicurezza e accesso alle risorse. Per 5000 anni le strade sono state sicure per i pedoni. Cavalli e carrozze erano di disturbo, ma certamente non un rischio mortale. Quando apparvero i veicoli a motore i pedoni furono scansati dalle strade e confinati sui marciapiedi.

L’iniziativa FB Salvaiciclisti sta raccogliendo un consenso significativo che va convergendo su un progetto di legge in parlamento. Avendo scritto ripetutamente sul tema della sicurezza ciclistica e delle iniziative per migliorare la (penosa) ciclabilità di Roma e delle altre grandi città italiane, riassumo i punti essenziali.

Diritto 1 – 1 metro di spazio vitale

Diritto alla mobilità attiva = 1 metro di spazio vitale non motorizzato

Pedoni, carrozzine, sedie a rotelle e biciclette in sicurezza su ogni possibile percorso del pianeta. In città significa un biciplan che connette centro e quartieri periferici, partendo da scuole, ospedali, piazze… In pratica un metro liscio, pulito e continuo, non interrotto da auto in sosta, buche, cancelli, paletti, passi carrabili, cassonetti ed altri ingombri delle strade secondarie. In campagna, tolti i fili spinati, basta 1 palmo di sentiero per pedalare comodi.

Il concetto di metro di spazio vitale è alla base dell’accessibilità: il diritto di andare autonomamente ovunque.

Non è solo per i ciclisti, riguarda soprattutto persone handicappate de facto nella mobilità personale. A loro i ciclisti – le ferrari della mobilità attiva – pensano. Garantire ai deboli il diritto ad una “pista” (ciclabile) che porti dove si può voler andare. Percorsi dalla città alla periferia alla campagna sono un diritto!

Dovere 1 – Mobilità motorizzata disciplinata in corsie

Lo spazio non é solo “tagliato” da autostrade urbane, tangenziali e raccordi, ma anche ovunque pericoloso per la guida nervosa degli automobilisti. Ciò é dovuto sia al traffico, che all’irregolarità della larghezza delle strade, causa della guida impridente degli automobilisti italiani, poiché consente ed incita ad accelerazioni improvvise e velocità criminali.

Guidare non deve più essere un’attività emozionante né per la velocità, né per la rabbia

La delimitazione in corsie lungo l’intera carregiata (non solo in prossimità dei semafori, come ora) è un intervento essenziale per migliorare la sicurezza di automobilisti, ciclisti e pedoni poiché:

  • ordina e fluidifica la circolazione
  • libera dalla doppia fila (e permette di fare le cicalibili)
  • aumenta l’attrattività della mobilità collettiva e ciclistica (grazie all’evidente sensazione di libertà fuori dalle corsie auto).

Su strade di larghezza molto variabile, la delimitazione in corsie perme inoltre di guadagnare spazio ciclopedonale nei segmenti più larghi dove non ha senso aumentare il numero delle corsie.

Dovere 2 – Zone 30kmh

Diritto 2 – Parcheggio bici nei cortili condominiali

Diritto 3 – Pole position per bici ai semafori

Diritto 4 – Decrescita della segnaletica stradale

Lo spazio è invaso: pali che sostengono cartelli con valanghe di messaggi. Pubblicità, semafori ed altro materiale verticale inutile ingombrano occhi e pensieri, rendendo più difficile muoversi su marciapiedi e ciclabili e più passiva la guida di auto e moto. Hans Monderman, in maniera controintuitiva, propone di incentivare l’auto-responsabilizzazione alla guida, sgomberando il campo visivo.

Questa iniziativa rivoluzionaria non è frutto di improvvisazione, ma di un’idea semplice: il comportamento degli automobilisti non cambia aggiungendo segnaletica, ma facendo riflettere chi guida, spingendolo a capire condizione e situazione della strada in cui si trova, senza indicazioni.

Una digressione. Nel 2007, discutendo se il traffico sia un gas o un liquido credevo nella crescita dell’infrastruttura stradale (e, implicitamente, della segnaletica). Questo poiché considerando il primo caso (gas) valido in Italia, in cui l’infrazione è spesso la regola, servisse un contenimento fisico del traffico motorizzato, volto ad impedire l’occupazione capillare dello spazio disponibile (quindi allargamento dei marciapiedi, dossi, paletti, semafori, orecchioni agli incroci ecc.)

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