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Posts Tagged ‘storia’

Le origini biologiche del berlusconismo

26 Agosto 2010 Nessun commento

Foto | Mario Stradotto

Dall’animo delle persone dimentiche e insensate i fatti dileguano insieme col passare del tempo; per cui, non ritenendo né conservando nulla di essi, sono sempre, sono sempre vuoti di beni e pieni di speranze, e guardano verso il futuro, perdendo il presente.

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La giornata delle ferrovie dimenticate

24 Febbraio 2009 Nessun commento

Foto | Comune di Busca

Domenica è la giornata delle ferrovie dimenticate, con numerose iniziative in quasi tutte le regioni.

Lo dico da tempo:  in Italia si deve credere alla politica di costruzione di 3 reti:

1) Una rete ferroviaria che:

  • ripristini tutte le tratte dismesse o ridotte in frequenza, sull’esempio delle SNCF francesi;
  • costruisca nuove ferrovie e colleghi al meglio le stazioni con i centri abitati, prevedendo l’intermodalità treno-bici;

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Il Bioeconomista – 3 idee ed una Introduzione alla bioeconomia

5 Novembre 2008 Nessun commento

3 IDEE

1) FINE DEL MINERAL BONANZA. La crescente scarsità delle fonti fossili di energia risulterà necessariamente in una stabilizzazione dei consumi dei paesi. In qualche caso i MWh pro capite annui si assesteranno ad un livello di molto inferiore all’attuale, in altri raggiungeranno un picco per poi stabilizzarsi.

Tra gli indicatori candidati a tale misura potrebbero trovarsi i consumi totali di energia primaria/hab, i barili al giorno per abitante o (meglio) i consumi energetici per ora di attività umana, tenendo, cioè, conto della struttura demografica della popolazione (vedi pag.8).

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Breve storia di Petroconsultants

Frequentando questo sito si cerca di rimanere aggiornati su alcuni argomenti “scomodi”, quali il picco del petrolio. E’ di particolare interesse la pubblicazione sul sito di ASPO di un breve testo, The first ever oil database, the history of Petroconsultants, che racconta la storia della società Petroconsultants di Ginevra.

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Cyclopolis 2 – Alfred Sauvy – L’automobile Grande Sovrana

La differenza tra un genio e uno stupido è che il genio ha dei limiti.
Anonimo

Continuiamo con il capitolo riguardante Alfred Sauvy, il libro di Benoit (vedi post e libro di Denis Baupin, Tout voiture no future).

Alfred Sauvy (1898-1990), sociologo e demografo francese di reputazione internazionale (gli è attribuita la creazione del termine “terzo mondo”) non ha solo scritto sui temi della popolazione. Nel 1968, a 70 anni, attacca l’automobile, un male del “fenomeno umano” […]

Sauvy si sforza di dimostrare che lo sviluppo dell’infrastruttura stradale nel dopoguerra è stato possibile per la pressione di una lobby potente, a scapito di infrastrutture che avrebbero invece risposto agli urgenti bisogni dei Francesi. L’automobile pesa sui budget ed il suo sviluppo va contro l’interesse generale, accusa il demografo. Sauvy si interroga: come mai i trasporti ferroviari hanno perso così rapidamente i mercati che controllavano a vantaggio degli autotrasportatori? Il cambiamento si spiega con una parola: la scrematura!

La scrematura, è questa concorrenza arrivata dalla strada e per la quale “nel 1935, al massimo della crisi, le ferrovie hanno perso un quarto del loro traffico, mantenendo inalterati i costi di esercizio; la perdita finanziaria è ancor più importante dato che il traffico perso era il solo che rapportava” (1).
In Francia, la strada trasporta le stoffe, i prodotti di valore, i manufatti. Tralascia il ferro, il carbone, la sabbia, così come i viaggiatori che beneficiano di riduzioni varie. Gli autotrasportatori trasportano solo quello che gli conviene. La responsabilità della decadenza della ferrovia è delle pubbliche autorità e dei funzionari dei Lavori Pubblici che non reagiscono: “Il termine “scrematura” è usato per designare questo fenomeno; ma la propaganda stradale già veglia per dissimulare la verità più limpida. Noi quì tocchiamo il primo elemento di una lunga catena di attitudini socio-politiche sconcertanti” (2), Sauvy si chiede perché le Poste siano state risparmiate dal fenomeno. La spiegazione è un miscuglio di fatalità, di rapporti politici e di elementi economici.

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Cicli Vitali 05 – La Moneta

11 Aprile 2007 Nessun commento

statero

Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre
Mahatma Gandhi

Da l’Etat de la Planète Nov-Dic 2006

Il commercio è una pratica antica e, per un lungo periodo, è dipeso dal baratto. Verso il 9000 a.C. i vantaggi di un mezzo di scambio comunemente accettato sono apparsi e il bestiame è divenuto “moneta” di scambio. Altre forme sono state conchiglie rare, denti di balena o il sale. E’ solo verso la metà del VII secolo a.C. che in Lidia (Asia Minore) viene battuta la prima moneta scolpendo dei dischi di elettro (una lega naturale di oro ed argento).

La moneta cartacea viene inventata in Cina all’inizio del IX secolo dopo Cristo. Contrariamente alle monete di metallo nobile, che hanno un valore intrinseco, la carta moneta costituisce un’innovazione importante, poiché implica che un mero pezzo di carta rappresenti una “promessa di pagamento” garantita dai commerci di beni reali. Questa innovazione ha permesso la creazione delle banche moderne nell’Italia Medievale (vedi).
Oggi, nel mondo esistono 172 monete diverse, l’euro è una delle più recenti, utilizzata da 300 milioni di persone in 13 paesi.

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I parassiti della storia & il Codice da Vinci

10 Dicembre 2006 Nessun commento

porta

L’intervento dello storico francese Jacques Le Goff alla Festa della Storia di Bologna, L’Unità, 18 Ottobre 2006

Come il mio maestro Fernand Braudel ritengo che la storia ci appartenga e che non conoscerla significa ignorare una parte di noi stessi. Oltre ai retaggi del passato greco romano, dentro di noi e intorno a noi vivono e agiscono quelli del medioevo in cui hanno inciso profondamente la diffusione del cristianesimo e dell’Islam e le loro complesse articolazioni interne, la definizione e l’affermazione degli stati nazionali, il faticoso emergere di nuove forme di produzione e di scambio, di relazione e di comunicazione.

Del resto il medioevo è durato ben più a lungo di quanto si dice nelle scuole, nelle università e nei libri, perché si è esteso dal tardo antico fino alla rivoluzione industriale per gli aspetti economici e fino alla rivoluzione francese per quelli politici e sociali.

Per l’Italia poi la conoscenza di quel periodo è oltremodo importante perché qui è stata raccolta, custodita e diffusa l’eredità dell’antichità, poi elaborata e consegnata al resto del mondo e ai secoli successivi. L’Italia nel Medioevo divenne il centro della nuova Europa e non solo per la presenza di Roma e del papa ma anche per il sorgere di nuove entità politico-territoriali ed economiche che per la persistenza del loro rilievo e per la lor potenza articolata, composita e fieramente avversa tra l’un l’altro resero tardivo e difficile il cammino verso l’unità nazionale.

Pertanto gli italiani non si possono privare di una parte così rilevante della loro memoria, se non altro per riconquistare quel senso di fierezza nazionale e di orgoglio che tanto spesso mancano loro e per valutare meglio i tesori d’arte e di cultura che da quei tempi hanno ricevuto.

Una conoscenza della storia che lasciasse da parte Cesare, Cicerone, Francesco, Dante, Giotto, per arrivare fino a Galileo, equivarrebbe a gettare gli italiani nell’ignoranza di chi siamo e di cosa sia la loro vita.

Rimane il grande problema di come proporre e stimolare l’apprendimento della conoscenza storica e come competere con coloro che sulla storia speculano per trarne spunti con cui proporre un medioevo falso. Ma non basta lamentarsi di questi “parassiti della storia”, che, sfruttando i misteri irrisolti e l’attrattiva che essi esercitano sul grande pubblico, propinano infondate visioni fantastiche, giocano sull’equivoco e sull’invenzione.

Certo è sufficiente promuovere conferenze, pubblicare volumi, trasmettere programmi su presunti e reali misteri (Egizi, Templari, Graal,…) per riscuotere un successo pressoché certo, sottraendo così opportunità e voce alla divulgazione attendibile. Ma per questi aspetti il mondo accademico non è privo di responsabilità, del resto ben note e da ribadire, dato che è anche la sua ritrosia ad adeguare i metodi e gli strumenti di trasmissione delle acquisizioni della ricerca che lascia il campo libero ai citati fantastorici dotati almeno di un loro fascino. Quanti docenti, con un evidente fraintendimento del loro ruolo, considerano ancora la didattica e la divulgazione aspetti secondari e perfino compromettenti.

Le opportunità di comunicazione e di trasmissione offerte dalla innovazione tecnologica non possono ridursi in effettiva crescita e diffusione di conoscenza, se la loro divulgazione non viene sottoposta al vaglio della più rigorosa correttezza metodologica e non si attiene alle reali acquisizioni della ricerca.
L’attrattiva esercitata dalla pubblicistica letteraria e cinematografica di argomento storico induce numerosi autori ed editori a speculare sul fascino della storia e dei suoi enigmi e a produrre opere che propagano inesattezze, distorsioni e manipolazioni con tale efficacia e in ambiti così ampi da generare convinzioni e teorie errate ben più diffuse delle conoscenze basate sulle acquisizioni storiografiche. Cresce così il divario e l’incomunicabilità tra ambiti della ricerca e artefici della comunicazione al punto da rendere particolarmente meritorio e auspicabile il lavoro svolto da figure impegnate con correttezza ed efficacia nella divulgazione della storia, che com’è noto sono divenuti ambiti particolarmente delicati e controversi dopo le recenti e innumerevoli distorsioni a fini commerciali.

Un esempio di parassiti? Il codice Da Vinci di Dan Brown

Codice di procedura mentale

Il Codice da VInci ha avuto un successo sbalorditivo presso il pubblico di tutto il mondo (si dice che ne siano state vendute ben 17 milioni di copie, 1.3 in Italia), e molti si sono interrogati sulle sue cause.

Non è un bel libro, neanche come libro di genere. La scrittura è approssimativa, il romanzo non ha spessore di alcun tipo, ma piace, tutti lo leggono e c’è anche chi prende sul serio le sue corbellerie storico-filosofiche. E costruito come un feuilleton, a puntate, con ricapitolazioni che spingono avanti un’azione da detection e avventura sul tema della lotta tra due organizzazioni occulte che si contendono il Santo Graal, o meglio il segreto del Graal, che sarebbe quello delle nozze, concrete, tra Gesù e la Maddalena, donna di sangue reale, e infine della supremazia dell’elemento femminile androgino su quello maschile, tanto più rilevante perché siamo all’inizio dell’Era dell’Acquario, e le chiese del Dio maschile ne tremano!

La lotta tra il Bene e il Male è tra una tradizione esoterica, quella dei Templari, e una odiatissima chiesa il cui braccio armato è l’Opus Dei. E procede per rebus, indovinelli, sciarade, enigmi di cui il lettore, spinto dall’azione, finisce per dimenticare la decifrazione, ché un mistero lava l’altro. Modello non dichiarato: il feuilleton francese anche cinematografico e televisivo, i film alla Spielberg delle Arche Perdute, tanta chincaglieria New Age e New Fantasy ma soprattutto, soprattutto, l’opera del Venerabile Maestro Eco, Il nome della rosa.

Cercar di capire come questa zavorra rimescolata a tavolino da un piccolo giocatore d’azzardo produca un best-seller di tale vastità non è facile, ma alcuni punti fermi ci sono e proveremo a elencarli disordinatamente: il disorientamento dei nuovi tempi, il bisogno di consolazioni extrastoriche e pseudoreligiose, l’antico riscatto della mediocrità delle esperienze individuali nella fantasticheria avventurosa, il rifiuto di porre le proprie speranze in un aldilà o in un’altra parte del cosmo (di cui la fantascienza muore per incapacità di ipotizzare futuri non già ipotizzati).

Infine: la delega a supernavigatori del reale che “sanno”, la spiegazione di quel che accade devoluta a forze occulte e sette iniziatiche lontane da noi, e che contemplano al loro interno Fede e Finanza.Insomma, l’abbandono della speranza di poter controllare un pò del proprio destino individuale e la necessità di dar comunque un senso alla storia di cui si è membri e, più in generale alla disfatta dell’uomo. All’assenza d’utopia del nostro Duemila Dan Brown aggiunge un intruglio di sacro e profano e la rivincita di un paganesimo da fumetto. L’unica dichiarazione di ironica autocoscienza il libro di Brown la contiene a pagina 195 quando due personaggi, parlando del Graal dicono:

Ma con tutti quei libri sull’argomento perché la teoria (quella del Codice Da Vinci, appunto) non è conosciuta? Questi libri non possono cancellare secoli di storia, specialmente se questa storia è sostenuta dal più grande best-seller di tutti i tempi“.

Non dirmi che Harry Potter parla del Santo Graal?“.

Parlavo della Bibbia“.

Harry Potter appunto…

Il grande successo di fine novecento della letteratura per ragazzi, edito in Italia da Salani, cui solo la serialità toglierà forse la collocazione tra i classici del genere,  che non sono tantissimi e che, non a caso, vanno bene anche per gli adulti. Ma i romanzi della inglese signora Rowling hanno una qualità di scrittura, una comprensione del bisogno di fantasia dei ragazzini del nostro tempo, un senso della tradizione e un rispetto della cultura e delle sue responsabilità che non appartengono affatto all’americano signor Brown. Anche la Rowling è debitrice delle voghe new age, ma il suo mondo è decisamente altro, è memore di Peter Pan e di Mary Poppins, del fantastico che si dà per fantastico e non per rivelazione di ciò che si nasconde dietro la realtà, di interpretazione della Storia. Il mondo del reale non ci basta e non basta soprattutto ai ragazzini – i piccoli, ma più ancora quelli nell’età della pubertà, la più solitaria e difficile che ci sia – e allora: che il fantastico sia fantastico per davvero, che non si inquinino e che si colleghino i due mondi con la sensibilità (e la responsabilità e il rispetto) che sono appartenuti ai grandi elaboratori delle fantasie letterarie più ardite, da Welles a Verne, da Collodi a Stevenson, perché qui, su questa terra i giovani lettori dovranno tornare a crescere e ad agire.

Diverso il discorso per i Poe, i Dick, i Ballard, scrittori “per adulti” e analisti del delirio, del modo morboso di vivere la realtà e le mutazioni della realtà. Nei best-seller della letteratura per ragazzi c’è più rispetto del lettore perché vi resiste ancora, nonostante tutto, una componente pedagogica, mentre quelli per adulti giocano spudoratamente la carta dell’accertazione e della deviazione; la loro “pedagogia” e adultologia è destinata al puro commercio, e ha solo in pochi autori remore morali, preoccupazioni altre che il successo.

Tanti celebrati inventori di storie non sentono affatto la responsabilità che dovrebbe venir loro proprio dal successo, dalla capacità di cogliere i nodi di frustrazioni, debolezze, aspirazioni delle cosiddette “masse”. I più colorano di rosa la realtà, ma la schiera degli “spaventatori” aumenta, col noir e l’horror e altri derivati e commistioni. Ma forse i più ambigui – non meno bravi nel produrre la loro merce – sono quegli autori che ancora una volta, borghesemente, come al tempo di Conan Doyle e di Agatha Christie, giocano col crimine e si mettono dalla parte di un discutibile Bene ma affascinati da un ben concreto Male.

Si ha l’impressione che si legga di più, oggi; e che si legga di peggio, che la letteratura sia tornata ad essere soltanto un’evasione dalla mancanza di prospettive della realtà, che il suo aspetto di intrattenimento sia oggi meno innocente di ieri, più equivoco, più compromesso con le ideologie che confermano la nostra passività al peso del potere, più consono alla volontà di addormentare che a quella di ridestare. Perché il “popolo” non è più fatto di ceti sociali definiti, ma una montagna di consumatori solitari e non può più imporre i suoi gusti, ma solo farseli imporre.

Goffredo Fofi, “Codice” di procedura mentale, Il Sole-24 Ore, n. 36, 6 febbraio 2005, p. 34

La nascita della Cella a Combustibile, di Ulf Bossel

13 Ottobre 2006 Nessun commento

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Foto da Treehugger

Introduzione

Con dolcezza e per fortuna, le nostre vite stanno per essere cambiate da un nuovo modo di generare elettricità – la cella a combustibile, solo apparentemente una tecnologia moderna, avendo acquisito notorietà a bordo delle astronavi, dove forniscono energia per la missione ed acqua per gli astronauti. Più di recente, ditte produttrici di celle a combustibile sono fiorite per sviluppare o commercializzare questa risorsa di energia elettrica per l’elettronica di consumo e gadgets portatili, per gruppi di potenza in siti isolati, come motori per le automobili ed anche centrali elettriche.

Le celle a combustibile convertono idrogeno o idrocarburi quali metano, propano, metanolo, benzina ed anche nafta, in elettricità senza inquinare l’ambiente. Una cella non ha praticamente parti mobili, è silenziosa, pulita, efficace e quasi tutta la sua produzione, elettricità e calore, può essere sfruttata.

Le celle sono la chiave di volta della nuova era della “Generazione Distribuita”. L’elettricità è prodotta dov’è necessario. Non vi è energia persa per trasmissione meccanica ed il calore del processo è pronto per essere sfruttato. Cosi come i laptop hanno conquistato il posto dei computer tradizionali, le celle a combustibile spazzeranno via i 50 miliardi di US$ annuali del mercato delle grandi centrali elettriche. Le celle sono anche candidate a prendere parte dei 180 miliardi di US$ spesi ogni anno per i motori a scoppio. Prosegui la lettura…