Il trattamento economico dei parlamentari
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Per cambiare è sempre necessario esserci.
Rosa Villecco Calipari, L’Unità 23 settembre
Sintetizzo 3 proposte di riforma del trattamento economico dei parlamentari che potrebbero risultare vincenti per la credibilità della classe politica. Tali proposte sono – a mio avviso – ben più efficaci delle 3 recentemente annunciate dal comico Beppe Grillo.
Proposta 1
Sganciare la retribuzione dei parlamentari da quelle della magistratura, con i relativi automatismi.
Proposta 2
Abbattere del 40/50% il cumulo indecoroso del reddito complessivo di circa €20.000 al mese.
Proposta 3
Riformare la normativa dello Statuto dei Lavoratori che consente a tutte le cariche elettive (parlamentari, consiglieri regionali e vertici sindacali) di cumulare una seconda pensione senza versamento di contributi, ma con contributi “figurativi”, che vengono poi effettivamente pagati dall’ente previdenziale (come, ad esempio, l’INPGI per tutti i politici-giornalisti).
Nota bene: Questo vero sconcio è consentito dalla finzione di chiamare “appannaggio” la pensione da parlamentare, conseguita, come noto, dopo soli 2 anni.
Aggiornamento
Il decalogo del politico in TV di Beppe Giulietti Decalogo_Giulietti.
La proposta 1 mi pare quella piu’ concretamente realizzabile anche se e’ certamente quella un po’ piu’ debole. Le proposte 2 e 3 sarebbero certamente quelle piu’ interessanti ma sono abbastanza scettico sulla loro approvabilita’. Il discorso sulle retribuzioni dei nostri politici e’ agganciato in maniera indissolubile anche al finanziamento dei partiti. Mi risulta che una quota non indifferente ma variabile delle loro retribuzioni viene versata al partito di riferimento. Tale quota varia molto a seconda dei partiti, ad es. Rifondazione Comunista o il Partito Radicale prelevano delle quote davvero consistenti del salario del deputato o del senatore eletto nelle proprie liste (anche perche’ gli finanziano la campagna elettorale). Cio’ vuol dire che nonostante l’elevato contributo per le spese elettorali che ciascun partito riceve dallo Stato vi e’ una certa quota che viene prelevata (volontariamente o no) dagli stipendi dei politici anche a livello locale. Quindi penso che sarebbe fondamentale una riforma del finanziamento pubblico dei partiti in una direzione piu’ moderna. Penso alla classica detrazione o deduzione sulle imposte da pagare per gli importi versati dai cittadini al o ai partiti che essi desiderano finanziare. Provate a pensare a quante gare d’appalto pubblico non verrebbero piu’ gonfiate per far risultare dei danari coi quali finanziare il sistema dei partiti che ha approvato l’opera pubblica. Poprio in questi giorni c’e’ un processo in corso per transazioni gonfiate nei valori iscritti in bilancio a carico di due importanti societa’ di calcio: il Milan e l’Inter. E a cosa servivano secondo voi queste transazioni per importi gonfiati rispetto al valore effettivo del tal giocatore? Non servivano forse a quella che nel gergo di Tangentopoli veniva chiamata “la provvista” ?
Mi si obbiettera’ che in questo modo il partito che ha il sostegno finanziario del gruppo Fiat o del gruppo Telecom sara’ il piu’ ricco in assoluto e che le loro scelte influenzeranno in maniera sostanziale le politiche dei partiti. Tuttavia gia’ oggi i grandi gruppi imprenditoriali hanno un influenza nefasta sulle scelte politiche dei partiti (si pensi ad es. allo scarso sviluppo del trasporto pubblico nel ns. paese pur di far vendere auto alla Fiat) e per lo meno le cose sarebbero sotto la luce del sole. Si aggiunga che non credo che nessun gruppo imprenditoriale (persino Fininvest) avrebbe interesse a far comparire un solo partito tra i beneficiari delle proprie donazioni. Un sistema del genere consentirebbe anche di andare a toccare pesantemente i privilegi della casta politica perche’ le loro donazioni verso il partito di riferimento risulterebbero fiscalmente deducibili o detraibili.