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WEO 2009 e il Ministero dell’Ambiente

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Grafico da Oilwatch monthly

E’ appena uscito il World Energy Outlook 2009 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, che,

  • si concentra su come far fronte ai cambiamenti climatici,
  • chiamando investimenti in R&S
  • per fare fronte all’esaurimento dei pozzi esistenti.

Scrissi dell’edizione 2008 qui, qui e qui.

Alla presentazione presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ieri 18 novembre, c’era tutto il Gotha dell’energia italiana e Fatih Birol dell’AIE.

Le cronache riportano le opinioni di Corrado Clini,  potente DG del ministero dell’Ambiente, secondo cui il Weo 2009 “indora la pillola”, volendo far credere che per i paesi Opec non ci saranno ripercussioni negative dall’adozione di politiche energetiche internazionali più “verdi”, mentre i paesi produttori starebbero esercitando pressioni per evitare che il ruolo dei combustibili fossili venga compresso.

Nello scenario 450 da qui al 2030, l’Aie prevede una riduzione del 75% dei combustibili fossili.

Questo, secondo il DG, “non potrà essere indolore per i paesi Opec per le ripercussioni negative dall’adozione di politiche energetiche internazionali verdi”, che avverte il rischio di “letture romantiche” del rapporto AIE.

Commento: perché si agita lo spauracchio dei “paesi Arabi”? Perché si parla di “dolore” (di diminuire l’uso del petrolio, di cambiare)?! …di “lettura romantica”?

Ora, come noto, la transizione energetica per svincolare l’economia mondiale dall’uso delle energie fossili (cioé il petrolio) deve essere trovata ed avviata al vertice di Copenhagen, che fallirà se USA e Cina non si impegnano, fissando dei limiti.

Secondo il DG del Ministero dell’Ambiente occorre subito un accordo globale, che indirizzi gli investimenti energetici là dove i consumi crescono di più (cioè nei paesi non-OCSE ad alta crescita: i BRIC, NdR).

Commento: e noi che giriamo in SUV e consumiamo il quadruplo e gli USA che consumano 10 volte tanto i cittadini dei PVS?

Clini identifica 4 problemi fondamentali:

1) stabilire, con una regola dell’Organizzazione mondiale del commercio, il prezzo del carbonio,

2) costruire un mercato della CO2, evitando la possibile speculazione da derivati finanziari;

Commento: se si stabilisce il prezzo è difficile che il mercato sia dinamico (infatti non è mai partito).

3) individuare linee-guida per migliorare la cooperazione tecnologica internazionale;

Commento: è fuffa, la tecnologia avanzata a basse emissioni si paga, non viaggia con i caschi blu.

4) risolvere il problema di come far rispettare gli impegni presi, evitando che la sovranità energetica dei singoli Stati venga compromessa.

Commento: la sovranità energetica è un concetto ambiguo, tecnicamente, se pienamente mantenuta, sarà difficile avere controlli indipendenti. Esempio: in Italia non si riescono a controllare i rifiuti, figuriamoci le emissioni dai camini delle fabbriche.

Secondo Clini, “il rischio è che l’Europa continui ad assumere da sola gli impegno di riduzione di CO2 : uno sforzo inutile e dannoso”.

Commento: è una posizione ideologica; l’Europa è “destinata” a dare l’esempio, in quanto:

  • comunità di nazioni cui il mondo guarda con più fiducia che all’ONU o agli USA
  • senza petrolio (fine del Brent)
  • con una rete ferroviaria diffusa e alta densità di popolazione
  • con una diffusa sensibilità ambientale.

Questo crea le condizioni per una riduzione delle emissioni attraverso

  • sia l’elettrificazione del trasporto urbano
  • che lo shift modale delle merci dai camion ai treni.

In generale, l’Europa appare più facilmente “governabile” per l’educazione delle popolazioni a stili di vita sostenibili.

Da parte del Ministero dell’Ambiente, sostenere la logica “o tutti o nessuno” appare inadeguato.

Infatti, Faith Birol, capo economista dell’Aie, ha tenuto a sottolineare che il mancato raggiungimento degli obiettivi 20-20 da parte dell’Ue sarebbe “un disastro con conseguenze drammatiche”.

Secondo Birol, dopo il 2030 la domanda di combustibili fossili diminuirà comunque, a prescindere dalle politiche sul clima adottate.

All’Europa conviene investire sulle tecnologie per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili, perché è l’unica politica lungimirante, sia per creare know how esportabile, che per attrarre capitali a livello mondiale.

Conclusione

Fatih Birol parla di calo della domanda, ma non dice che la quantità di petrolio convenzionale prodotta (=offerta) ha già raggiunto un picco.

Egli crede (WEO 2009) che sarà possibile mantenere un lieve tasso di crescita dell’offerta da qui al 2030 (105 milioni di barili al giorno, oggi sono 80) producendo, con costosissimi investimenti, petrolio non convenzionale.

In questo scenario viene implicitamente ammessa scarsità crescente di petrolio. Birol, tuttavia, sottolinea l’urgenza di diminuire i consumi noi (i.e. area OCSE), in nome delle emissioni. [Capito il giochino?]

Quindi, a parlare di diminuzione dei consumi di petrolio (implicitamente) e delle emissioni (esplicitamente) è un alto esponente dell’Agenzia Internazionale dell’Energia che da sempre tutela gli interessi delle lobby energetiche del mondo, cioè i paesi produttori, i paesi consumatori e le compagnie petrolifere, non il dg del ministero dell’ambiente. [curioso no? Sembra un gioco di inversione delle parti]

E’ dunque evidente  che “diminuire” è un concetto tuttora ostico presso il Ministero dell’Ambiente italiano, il quale, evidentemente, ha deciso (più o meno consciamente, Stefania!!) di farsi promotore del grandogma della bella ed eterna crescita

…magari a tutela dei piccoli padroncini che ci portano l’acqua in bottiglia con i camion.

Risorse aggiuntive

The Peak of the Oil Age (pag. 28), il report che smentisce il WEO2009: nel 2030 il mondo potrà consumare 75 milioni di barili e non 105.

Vedi il video di Fatih Birol intervistato da George Monbiot,

leggi la lettera Colin Campbell, su come l’IEA fa le statistiche e

La Breve storia di Petroconsultants.

 

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